domenica 14 dicembre 2008

Fine primo tempo

Oggi e’ il mio ultimo giorno a Londra, prima della pausa natalizia. Saro’ in Italia dal 14 Dicembre al 12 Gennaio. In teoria durante questo periodo non ci saranno “Reports from London”, a meno che non senta l’urgenza di aggiungere qualche riflessione retrospettiva.

Naturalmente ci sono tante cose di cui non ho parlato, vuoi per pigrizia, o per mancanza di attenzione, o perche’ non erano appropriate per un blog. Non si puo’ trattenere tutto del nostro passato, anche se alle volte e’ una forte tentazione.

Il blog e’ stato uno strumento utile, che mi ha aiutato nella riflessione e mi ha permesso di fissare qualche pensiero o qualche situazione che altrimenti sarebbe forse stata lavata via con piu’ facilita’ dal tempo che passa. Il blog ha fatto quindi il suo lavoro.

Ieri ho riletto qualche post dei primi giorni e mi e’ sembrato di aver fatto un po’ di strada.

Volevo ringraziare tutti quelli che hanno letto perche’ senza avere voi in mente ha molto meno senso scrivere, o scrivere cosi’. E ringrazio anche chi ha partecipato, per la presenza costante, l’interesse, l’originalita’ e il prezioso supporto che mi avete dato.

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Quest’ultimo post e’ dedicato alla normalita’. Ho notato che quasi tutti i post sono stati dedicati a qualcosa di particolare o rilevante che mi e’ successo. Ora invece mi sento di fare una lista spontanea, quasi a mo’ di `flusso di coscienza’ per onorare la quotidianita’, il dettaglio, la normalita’ della mia vita a Londra, da mattina a sera.

Il tastino piccolo della sveglia-telefono, le case identiche dall’altra parte della finestra, il bollitore del te’, la sgambata per montare sulla bici altissima, i primi movimenti nel freddo, la vista sul parlamento pedalando lungo il Tamigi, l’orologione del Big-Ben che dice quasi sempre tardi, gli avvocati su e giu’ taxi, la corte di giustizia, la lucetta verde che da accesso alla biblioteca, il ricaricatore delle tessere-fotocopie, il login del King’s sugli schermi Trinitron, i corridoi e le aule di Birkbeck, la stanchezza degli ultimi 10 minuti di lezione, i pasti di corsa e a ogni ora, gli sms per trovarsi, i saluti, le chiacchierate nel freddo, le risate con Vincenzo, il sollievo delle emails, il copri-zaino fosforescente, il click-click dei fari della bici, le pozzanghere, le luci della notte viste dal ponte, il supermercato con la voglia di andare in bagno, le pizze per il lunedì, Nikki e Adan sul divano, Marika in vestaglia, le news delle 10 se sono fortunato, il parlare tranquillo della sera, l’illusione di una serata infinita, l’imbarazzo della scelta, la fatica e il bisogno di pregare, il libro finale, i tastini della sveglia telefono.

Un saluto a tutti.

sabato 13 dicembre 2008

Gli Zombies di Kripke

Questa volta pensavo di aver scritto un saggio debole e disorganizzato, invece e’ andato benissimo. Comincio a dubitare che dalla filosofia ci si debba aspettare la stessa obiettivita’ della matematica…

E’ un saggio sulla possibilita’ degli zombies, ispirata alla filosofia di Kripke, cioe’ ipotetici esseri che sono esatte copie materiali di un essere umano ma non hanno coscienza. Gli zombies sono uno strumento filosofico per aiutare a ragionare sul problema della coscienza. Se gli zombies sono possibili allora il materialismo, la dottrina che ritiene che la coscienza non sia altro che attivita’ cerebrale, e’ in difficolta’.

In realta’ il mio saggio e’ un po’ piu’ specifico: e’ una riflessione sulla differenza fra la possibilita’ degli zombies e la pensabilita’ della possibilita’ degli zombies. Se gli zombies sono possibili allora il materialista deve ridifendere tutta la sua teoria, se gli zombies sono invece solo pensabili come possibili, allora il materialista deve solo spiegare come mai siamo tutti intuitivamente dualisti.

Come sempre, per chi volesse, la mattonella e’ qui:
http://www.mediafire.com/?sharekey=9fba2c94dec0e90ed2db6fb9a8902bda

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Purtroppo questa volta non c’e’ un racconto da un party post-tutorial nella Londra-bene con tanto di vin- brule’. Non ci si puo’ ripetere… Ne ho combinate delle altre, ma mica le metto tutte qui, se no!?

Ah, pero’ la Geraldine, ci ha riservato un'altra sorpresa: ha offerto a tutti noi che eravamo andati al party a casa sua un biglietto per uno spettacolo a teatro, come regalo di Natale. Incredibile, no? Mi ha commosso molto questa sua generosita’. Evidentemente il Van Gogh in casa glielo puo’ permettere, ma che grandezza poter vivere cosi’ la ricchezza, nella condivisione.

Bertrand Russell

Per me, uno dei piaceri piu’ sublimi alla fine di una giornata di studio, e’ in un certo senso studiare ancora, ma piu’ dolcemente, come ascoltando un maestro raffinato che parla dopocena e non interroga.

Uno di questi maestri e’ Bertrand Russell. Non c’e’ piu’, ma lo si puo’ incontrare ancora, basta lasciargli un po’ di tempo prima di dormire.

Mi avevano regalato la sua “Storia della Filosofia Occidentale” qualche anno fa, e ne avevo lette diverse parti con grande interesse, ma leggerlo ora e’ ancora meglio.

Betrand Russell e’ uno dei filosofi inglesi piu’ importanti del novecento, e qui e’ in veste di storico della filosofia. Russell offre una lettura ragionata e personale di tutta la storia della filosofia, mostrando come la storia del pensiero e delle idee sia collegata alla storia dei fatti politici e dei cambiamenti sociali. Per esempio un grande tema di fondo e’ il rapporto fra coesione sociale e liberta’ individuale, e di come questo si sovrapponga al rapporto fra religione e scienza nel corso dei secoli.

Ma il libro e’ anche molto di piu’ di una storia del pensiero, e’ una vera opera filosofica, perche’ ogni autore, non importa quanto antico, viene messo alla prova della filosofia analitica contemporanea, di cui Russell e’ stato un nobile esponente.

Leggendolo, si ha veramente l’impressione di stare davanti a un grande uomo. E quando si riconosce questa eccezionalita’ si e’ disposti a sedersi umilmente e curiosamente ai suoi piedi ad ascoltare. E’ peculiare la disponibilita’ intellettuale che si accorda a una riconosciuta autorita’. Dei miei preferiti, solo George Orwell e’ al suo pari come potenza analitica e originalità di pensiero nella prosa inglese moderna.

Quello che mi fa impazzire di piu’ sono le aperture riflessive che arrivano inaspettate, magari nel mezzo di una prosa densa e tecnica. Per esempio, consederando la proposta della Repubblica di Platone che una societa’ sia governata da un’elite di filosofi, produce una critica alla realta’ politica (sua contemporanea) della Germania di Hitler e della Russia di Stalin.

Ancora, commentando la scena del Fedone quando Socrate arriva alla sua ultima ora e raccomanda ai suoi di prediligere alla cura del corpo quella dell’anima (avendone appena dimostrato l’immortalita’), Russell fa una spettacolare digressione su come una certa lettura della soppressione degli appetiti della carne in ambienti cattolici abbia favorito lo sviluppo del forse piu' diabolico appetito per il potere. [Russell era un convinto ateo e antireligioso]

E’ inutile, non posso far giustizia alla profondita’ di queste digressioni in due parole. Ma forse quello che mi appassiona di piu’ sono i suoi “one liners”, le agghiaccianti sintesi di una riga che catturano in modo vivido i concetti delle pagine precedenti. Per esempio, su Aristotele, dopo aver senza timore ridimensionato la sua importanza nella storia della filosofia, candidamente ammettendo che "quasi ogni riga della sua `Fisica' e' falsa agli occhi di uno scienziato moderno", dimostra che in realta’ la differenza con Platone riguardo la teoria degli universali non e’ poi cosi’ vasta come si vuole credere, e conclude: “Aristotle metaphysics, roughly speaking, may be described as Plato diluted by common sense” [La metafisica di Aristotele, per dirla grossolanamente, puo’ essere descritta come Pltone diluito dal senso comune].

Non trovate rinfrescante potersi esprimere con termini cosi’ semplici e diretti, senza bisogno di fare tanto fumo con l'uso della lingua? E’ ormai certo: chi capisce le cose puo’ permettersi il lusso di parlare semplice. Ma e’ ancora piu’ divertente come continua: “He (Aristotle) is difficult, because Plato and common sense do no mix easily” [Aristotele e’ difficile perche’ Platone e il senso comune non si mescolano facilmente]

Ce n’e’ quasi ad ogni pagina. Criticando Platone di aver costruito una filosofia che rispecchia la sua pre-visione etica ed estetica del mondo, piuttosto che rimanere fedele ai fatti osservabili, dice di lui, dopo aver dimostrato come il mondo trascendente di Platone sia servito alla Chiesa per parlare dell’aldila’: “As a man, we may believe him admitted to the communion of saints; but as a philosopher he needs a long residence in a scientific purgatory” [come uomo possiamo considerarlo ammesso alla comunione dei santi, ma come filosofo ha bisogno di una lunga residenza in un purgatorio scientifico]

Verso Kant nutre una rinfrescante irriverenza. Dopo aver fatto notare quanto Kant debba essere stato un uomo molto grigio e noioso che non ha mai lasciato Konigsberg in tutta la sua vita e non si e’ mai sposato, cita un articolo dell’enciclopedia britannica dove invece l’autore sembra approvare l’austera condotta accademica del grande tedesco: “as he never married he kept the habits of his studious youth to old age” [visto che non si e’ mai sposato, ha mantenuto le abitudini della sua studiosa gioventu’ fino a tarda eta’] e Russell si chiede con finta innocenza: “I wonder whether the author of this article was a bachelor or a married man” [mi chiedo se l’autore di questo articolo sia stato un “vedran” o un uomo sposato].

Infine, fantastico, criticando il movimento romantico per aver sbandato verso eccessivo soggettivismo ed estetismo, ci ricorda: “Tigers are more beautiful than sheep, but we prefer them behind bars” [le tigri sono piu’ belle delle pecore, ma le preferiamo dietro le sbarre] – mi intriga quel’uso della prima persona plurale, quasi a cercare il consenso, a quanto pare scontato, del lettore.

Il mio ce l’hai Bertrand, tranquillo.

mercoledì 3 dicembre 2008

Come non capire Donald Davidson e rilassarsi in High Street Kensington

Per chi fosse abbastanza pazzo, questo e' il link per scaricare il mio secondo essay:

http://www.mediafire.com/?sharekey=9fba2c94dec0e90ed2db6fb9a8902bda

E' un essay con un interpretazione errata della filosofia dell'azione di Davidson. Cosi' ho scoperto durante la discussione (molto interessante) col mio tutor. Appunto, bisogna essere proprio pazzi per leggerlo.

Lo metto soprattutto per me, perche' fra 10 anni, quando non ci saranno piu' hard-disk personali, ma tutta la nostra proprieta' digitale sara' disponibile in linea, forse questo e' l'unico modo per rileggere quello che scrivevo.

Ho lavorato molto per questo essay, cercando di sbrogliare il pensiero di Davidson a riguardo del problema delle cause dell'azione umana, ma con esito negativo.

Davidson e' uno dei piu' importanti filosofi della seconda meta' del novecento. Ha introdotto sulla scena la filosofia dell'azione. Cioe' l'analisi dell'azione umana in termini delle sue cause e in relazione alle facolta' della mente di determinare l'azione stessa.

Alla fin-fine Davidson dice qualcosa di molto semplice e molto vicino all'intuizione comune, cioe' che le ragioni per un'azione costituiscono la causa di quell'azione. Pero' lo stabilisce in modo rigoroso e consistente con la teoria dell'equivalenza di mente e cervello.

E' molto interessante, ma i suoi scritti sono famosi per essere tremendamente oscuri...


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Invece, molto piu' interessante e' stato il party che ha seguito questa giornata di incomprensioni filosofiche.

Nonostante ci fossimo visti spesso, avevo conosciuto Gerardine propriamente solo ieri, passeggiando in compagnia fra una lezione e l'altra. E mi ha invitato per stasera.

Un'ottima serata con dei compagni di corso a casa di Gerardine, che, nonostante l'apparenza fuorviante, risulta essere una signora cinese sposata con due figli di 21 e 19 anni! Eccezionale! Eravamo in una bellissima casa, con camminetto acceso e cibo delizioso, e tanto di Van Gogh originale, in High Street Kensington, una delle piu' ricche e signorili aree di Londra.

La lemon tart era proprio squisita.

Piu' andava giu' il vin brule' piu' fluivano i discorsi sui grandi filosofi, fra noi piccoli filosofi.

Quante cose strane succedono. A casa di Gerardine, col Van Gogh sul muro... Chi l'avrebbe mai detto. E guardare sua figlia che torna a casa tardi e ha un'intesa speciale col ragazzo che siede vicino a Gerardine, evidentemente il suo ragazzo, ma questa trama rimane segretamente velata, in secondo piano, rispetto a quello che si dice a voce alta.

Poi guardo il bellissimo Scott, ancora con la cravatta su', dopo la giornata di lavoro come insegnante a scuola. Lui e' uno dei tanti che lavorano e studiano per questo Master.

Bello. Un'altro vin brule'.

E' ora di andare. Mi lancio in bicicletta per la bellezza della West London. Fa freddo, ma che bello. Ho 40 minuti per pensare.

BANG! Sbusaat! Ah ah! Di nuovo bucato, come due giorni fa. Solo che adesso sono a piu' di un'ora di bus da casa. E va beh... dopo una giornata cosi'...