lunedì 2 novembre 2009

The End

Qualche giorno fa ho ricevuto notizia da Londra di aver passato il Master con voto di "distinction", un bel risultato che mi fa molto piacere! In questo modo si completa con una nota molto positiva una grande esperienza, che abbiamo un po' anche condiviso assieme su queste pagine. Questo e' l'ultimo post di questa serie. Ringrazio molto chi ha partecipato scrivendo o solo leggendo. Mi avete sostenuto e stimolato molto. E'stata una bella scoperta usare queste pagine per riflettere assieme. I Reports from London finiscono qui, ma magari altri ne riprenderanno, per accompagnare le prossime avventure! Grazie e... mandi!

venerdì 4 settembre 2009

Disciplina del senso pratico

Per la cronaca, ho sempre continuato con grande dedizione a studiare il kung-fu, decisamente una delle esperienze piu’ significative di quest’anno. Ma se mi sforzo a specificare che cos’e’ che mi attrae profondamente a quest’arte, non mi e’ facile dire.

Di sicuro non mi sbilancerei a chiamare in causa comprensioni particolari di filosofie orientali, ne’ di aver trovato il mio `Tao’, ne tantomento che il mio `Ci’ fluisca che e’ una meraviglia.

Il kung-fu e’ soprattutto, e prima di tutto, qualcosa di molto pratico, ed e' a questo livello che lo sto vivendo.



Master Lai, il fondatore del Nam Pai Chuan, la versione di Shaolin Kung-Fu che sto studiando, il giorno in cui ho fatto l’esame per conquistare la cintura gialla, disse a un gruppetto di novizi in cui mi trovavo: “Ascoltatemi: il kung-fu non e’ altro che buon senso disciplinato”. E a una bambina che in quel momento si era distratta un attimo, il maestro severamente disse: “Bambina, sto parlando per te, mi senti?” Fantastico, le frasi dette da un maestro, piu’ semplici sono, piu’ impatto fanno.

Che il kung-fu abbia cambiato la mia vita, non direi, ma che abbia aggiunto o approfondito una dimensione di disciplina fisica e mentale, direi di si’.

Ma anche per stare piu' sul semplice, ora mi sorprendo ogni tanto ad aprire le porte con i pugni o a lavare i piatti con le gambe divaricate e le ginocchia piegate, una posizione faticosissima che rafforza i muscoli delle coscie. Essenziale.

Forse una delle cose che mi hanno anche conquistato e’ l’amicizia con i ragazzi del gruppo. E’ incredibile come si possa diventare amici anche se in 9 mesi ho scamboiato piu’ pugni e calci con loro che parole. Mi hanno addirittura organizzato una festa di addio, il che e’ stato davvero commovente.

Come una delle cinture nere piu’ senior mi ha detto, quando ci siamo salutati: quando concedi a qualcuno di entrare nelle vicinanze del tuo spazio fisico, c’e’ molto che si impara l’uno dell’altro. E senza tanta retorica, e’ proprio vero.

Quanta strada nei miei sandali, quanta ne avra’ fatta Bartali

Di sicuro cio’ che ha contribuito di piu’ a rendere speciali e bellissime le ultime settimane e’ stato l’essersi trasferito a vivere da Vincenzo. Vincenzo e’ fra le persone piu’ fini e colte che conosca, un vero gentiluomo. E un grande nuovo amico.

Vincenzo ha vissuto tutto l’anno in un bell’appartamento di un’ex palazzina popolare in pieno centro, a due passi dalla biblioteca del King’s, e io ho sostituito un suo coinquilino che ha cambiato casa. Oltre a noi due c’e’ anche Andrea, un ragazzo di Milano, di formazione economista come Vincenzo, simpaticissimo – un altro bonus di quest’ultimo periodo. Diciamo che abbiamo ricostruito un’atmosfera italiana, e quanto ci siamo divertiti!

Anche se si scriveva per piu’ di dieci ore al giorno, quei momenti passati attorno al tavolo sono stati bellissimi e molto goduti. Con Vincenzo, dal caffe’ del mattino alla tisana della notte, si e’ passati in rassegna ai piu’ disparati argomenti: dai Vangeli apocrifi ai Templari, dalla Repubblica di Platone a quella di Berlusconi, dalla purezza della Grecia Classica alla complessita’ della nostra Londra.

Ci siamo ovviamente aiutati molto con il lavoro, sostenedoci a vicenda ma anche discutendo problemi tecnici delle nostre dissertazioni. E Andrea ci teneva stimolati con tante domande, preoccupandosi ogni tanto per la nostra salute mentale...


Andrea poi ha creato tutta una grande metafora ciclistica per descrivere l’impresa mia e di Vincenzo per arrivare a consegnare la dissertazione in tempo. Quindi i momentanei successi durante il percorso erano “i traguardi a punti”, la faticata finale: “il Mont Ventoux” dove noi ovviamente eravamo “gli scalatori”, le difficolta’ impreviste dietro l’angolo: “le crisi di fame” o “le crisi di freddo”, mentre quelle giornate in cui si riusciva a scrivere ben poco, come fiaccati, era perche’ “si era finiti nella rete dei velocisti”. La "volata finale" poi e' stata storica, in notturna, con uno sprint alle luci dell'alba. E ci sono stati pure dei sospetti che non passassimo l'anti-doping.

Ma le emozioni non erano solo per il traguardo finale. A fine giornata, o diciamo meglio, a fine tappa, si verificava di sovente un evento a cui ancora facciamo fatica a credere. A una finestra di fronte al nostro appartamento, dall'altra parte della corte, una giuovine pulzella si presentava ignuda, cosi', diciamo senza che le condizioni atmosferiche lo giustificassero. Chissa', forse era il suo modo di voler pagare i corridori del loro sforzo. Non sappiamo. In ogni caso si correva meglio.

"Oh, quanta strada nei miei sandali
quanta ne avrà fatta Bartali
quel naso triste come una salita
quegli occhi allegri da italiano in gita
e i francesi ci rispettano
che le balle ancora gli girano
e tu mi fai - dobbiamo andare al cine -
- e vai al cine, vacci tu. - za za ra zaz,
za za ra zaz, za za ra za za za za za zaz."

Onniscenza e contingenza

Martedi' ho consegnato la dissertazione finale, e cosi' e' ufficialmente finito questo Master in Filosofia. Il problema di fondo era, come annunciato, cercare di stabilire se Dio possa conoscere gli aspetti contingenti del futuro, cioe' quelli ancora aperti, non-necessari, come il fatto che domani mi metta quella camicia a righe.

Partendo da un'analisi classica della conoscenza, secondo cui se si conosce qualcosa, quel qualcosa deve essere per lo meno vero (nihil potest sciri nisi verum), si arriva presto ad un ostacolo. In modo che Dio sappia che che domani mi mettero' quella camicia a righe, deve essere vero oggi che io mi mettero' domani quella camicia a righe. Ma se questo e' vero gia' oggi, allora e' gia' determinato che io domani mi mettero' quella camicia, il che contrasta con l'assunzione di partenza che il mettersi una camicia e' un'aspetto aperto del futuro, non determinato. Ma la relazione fra verita' e necessita' e' critica. Se una proposizione vera sia anche automaticamente necessariamente vera dipende da che logica e metafisica del tempo uno decide di sostenere.


Io ho analizzato tre risposte classiche a questo problema, cercando di mostrarne punti di forza e di debolezza. La soluzione filosoficamente piu' convincente mi sembra quella che Dio non conosca il futuro contingente, il che mi ha portato altrove rispetto alle mie intuizioni di partenza, di sicuro influenzate dalla dottrina cattolica. Ma cosi' e' la filosofia. Bisogna accettare dove ti porta la ragione. Se poi sia meglio fidarsi della propria e piccola o di quella grande e ispirata da scrittura, intelletto e tradizione della Chiesa, e' un altro, importante discorso. Un momento pero'. Sembra che fili il discorso che Dio non conosca il futuro contingente in quanto futuro e contingente, cioe' se si pone Dio all'interno del tempo e gli si chiede di conoscere ora qualcosa che viene dopo nel tempo. Altra cosa e' immaginare Dio al di fuori del tempo, in una prospettiva cioe' dove il prima e il dopo sono sovrapposti in un istante atemporale. Da qui Dio conoscerebbe gli aspetti aperti del futuro non prima che avvengano ma a-temporalmente mentre avvengono. Questa era la soluzione di Boezio e San Tommaso d'Aquino (nell'immagine - bella proprio perche' c'e' un equilibrio fra l'intelletto umano, la Chiesa e la Scrittura, il tutto sotto la luce della Santita'.). E' stato sicuramente molto bello confrontarsi con i grandi filosofi cattolici medioevali che cercavano di sintetizzare le verita' di fede e di ragione, con una sistematicita' (e bellezza) che forse non si e' piu' avuta. Ma anche questo e' un pregiudizio in cui e' dolce naufragare.

In ogni caso, ho anche proposto una formalizzazione del problema usando una logica a tre-valori (dove oltre al vero e al falso c'e' anche l'indeterminato), dove usando uno stratagemma e' possibile salvare onniscenza e contingenza, anche quando onniscenza si interpreta come prescienza. Sembra che la seguente frase sia vera: “Se X avverra' domani, allora se X averra' domani, allora Dio sa che X avverra' domani” -- con X un evento contingente. Mentre la semplice “Se X avverra' domani, allora Dio sa che X avverra' domani” non e' vera. Un dettaglio, ma insomma... fa la differenza.

Incredibilmente, nonostante questa fosse la mia chance di immergermi nella scrittura di qualcosa di squisitamente letterario, filosofico, sono finito per scrivere una tesi che ha quasi piu' formule di tutte le mie altre tesi che ho scritto in fisica! Ma cosi' e' andata. La logica formale in questi casi aiuta molto. Quindi non mi offenderei affatto se uno non volesse leggerla. Ma per completezza, anche questa la trovate sul MediaFire, qui:

http://www.mediafire.com/?qdgetzzxzem

Les jeux sont faits

Come sull'uscio di casa prima di partire ci si dicono spesso le cose piu' importanti, cosi' queste ultime settimane a Londra, questi ultimi giorni, stanno tirando fuori il meglio di tutto e di tutti.

E sono profondamente felice.

E profondamente triste di dovermene andare fra qualche giorno. Ma e' quella tristezza buona, quella del groppo in gola, quella che c'e' se c'e' stato qualcosa di bello, se il cuore si e' smollato. Alla fine -- me ce ne e' voluto -- il cuore si e' smollato e si e' attaccato a questa citta' e a queste persone, e naturalmente ora c'e' la separazione che ha durezza dello strappo.

Suddividero' le cose che ho da dire nei prossimi due o tre posts cosi' da rendere la lettura un po' piu' agevole.

Un mandi intanto!

martedì 30 giugno 2009

Tempi supplementari

Carissimi!

Riprendo timidamente a scrivere questo blog, dopo circa due mesi e mezzo di inattivita' – mi meraviglierei se qualcuno continuasse a controllarlo, anche di tanto in tanto! Il grosso del lavoro il blog l'ha fatto, soprattutto all'inizio, ma non si sa mai che abbia ancora qualcosa da dare in queste battute finali. Pero' un po' mi manca il sussidio del blog, come impegno del discernere i fatti del giorno. Forse di buono c'e' che questo ruolo di confronto ora lo svolgono tanti buoni amici, vecchi e nuovi, accumulati e ritrovati nel frattempo.

Nel frattempo, appunto, e' passato un modo di acqua sotto il ponte, e questo post non ce la fa a travasarla tutta.

Forse la storia la sapete gia' tutti voi ch'entrate, ma grosso modo, dopo il ritorno dalle vacanze pasquali c'e' stato il grande Maggio degli esami. Si e' studiato tanto. Forse e' stato uno dei periodi piu' belli a livello accademico. Perche' in poco tempo si misura il progresso. Ho fissato – almeno per un po' – alcune delle tante idee a cui ero stato esposto durante l'anno. Ed e' stato gratificante fare qualche passetto nella comprensione di alcuni problemi filosofici. E' inutile, bisogna studiare tanto per iniziare a capire qualcosa. [prima de parlar, lesi.]

Gli esami, 3, sono andati uno non molto bene (filosofia generale), uno credo molto bene ma con risposte standard (filosofia della religione), uno credo abbastanza bene ma con risposte piu' ose' (filosofia della mente).

Durante il periodo degli esami essenzialmente vivevo in biblioteca, un paradiso a tre piani e milioni di volumi. Mi cibavo di panini alla francese e paste troppo pesanti a tarda sera.

I momenti piu' belli erano le pause studio tecniche con Vincenzo, il mio amico filosofo e raffinato collega, con cui si parlava di domande d'esame, si contavano i giorni, si rideva all'italiana, e certo, si discuteva di filosofia, ma in un modo piu' gradevole rispetto alle ore passate a scrivere prove di risposte d'esame in solitaria.

Passati gli esami, e' venuto un confuso, semi-traumatico, disordinato, fumoso periodo post-esami e pre-nuovavita, in cui mi sto ancora barcamenando. E qua far luce e' un'impresa... che appaltero' a una ditta esterna.

Oddio, cose ne son successe, quelle succedono sempre. Ma di che portata? Di che rilevanza? Cosa hanno da dirmi queste particolari circostanze che sto attraversando? Tutte le circostanze in cui uno si trova sono quelle giuste. La vita cosciente e' stare davanti al reale con il coraggio di affrontare le circostanze date, perche' sono esattamente quelle che consentono il confronto fra il desiderio e la sua realizzazione. E questa operazione di confronto fra desiderio e realizzazione e' quella dove si gioca la nostra liberta'. Questa la lascio un po' criptica, dai.

giovedì 9 aprile 2009

Il punto

Sono in Italia in pausa Pasquale, tornerò a Londra durante l'ultima settimana di Aprile. Le ultime due settimane di Maggio avrò tre esami scritti di filosofia. Poi inizierò a lavorare sulla dissertazione che credo sarà attorno al tema della pre-scienza di Dio e la libertà dell'azione umana. La dissertazione va consegnata entro il 1o Settembre, conclusione del Master. Durante l'estate sarò principalmente a Londra, per studiare e scrivere e per godere - forse con un po' più libertà - della vita intellettuale, artistica e sociale della città.

lunedì 30 marzo 2009

Onniscienza

Con questo, ho finito i nove saggi di preparazione previsti per i primi 2/3 del Master.

Quest'ultimo, anche se in stato ancora non rifinito, mi ha ispirato a scegliere questo tema per la dissertazione finale.

Se Dio ha conoscenza perfetta del futuro, vuole dire che il futuro è già predeterminato e la nostra libertà è un'illusione?

http://www.mediafire.com/?mgnnyt1nzly

Immagina che P sia una proposizione contingente che riguarda il futuro. Per esempio P = "Andrò alla festa di Antonio la prossima settimana". Contingente significa che e' possibile che P sia falsa e che P sia vera. Se Dio conosce infallibilmente se P è vera o falsa oggi, allora in un certo senso il futuro e' vincolato a svolgersi in modo tale che P sia vera, quindi non sono veramente libero di scegliere se andare o no. In aggiunta P diventerebbe necessaria, e non più contingente, il che contraddice l'assunzione di partenza. D'altro canto se Dio non conosce se P sia vera o falsa allora c'è qualcosa che Dio non conosce e allora Dio non è onniscente. C'e' una terza possibilità, cioè che P non sia ora né vera né falsa, ma che diventi o vera o falsa nel futuro, quando l'evento si realizza o meno. Ma anche questo e' problematico, perchè non e' un risultato generalizzabile: ci sono sicuramente proposizioni contingenti a riguardo del futuro che sono vere nel passato, per esempio: "Un biglietto vincente verrà estratto alla lotteria".

Nel saggio cerco di dimostare che c'e' un errore logico nei ragionameti del paragrafo precendente e che dal fatto che la verità o falsità di proposizioni formulate nel passato (ma che riguardano il futuro) non si può dedurre che le nostre azioni nel futuro non sono libere. Ho usato le idee di logici contemporanei.

Trovo questo tema affascinante e dovrei lavorarci sù ancora tanto, perchè è pieno di tranelli e difficoltà sia logiche che metafisiche.

Il problema è antichissimo. La prima formulazione era di Aristotele, che non necessitava nemmeno di un essere onniscente per porre il problema. E' il dilemma della battaglia marina nel 'De Interpretatione'. Poi c'e' stato un fiorire di proposte dagli scolastici medioevali. Per esempio Tommaso e Boezio pensavano che il problema si risolvesse notando che Dio e' fuori dal tempo, e quindi può conoscere ora come in un eterno presente atemporale tutti gli eventi che per noi sono collocati nel passato, presente e futuro. Bello ma non basta! Sembra che serva la logica modale contemporanea per uscirne.

Mi sono appassionato perchè il problema richiama problemi sulla simultaneità degli eventi in relatività speciale, quelle cose che si capiscono sul momento e poi si è sempre al punto a capo. Infatti mi è venuta voglia di fare un bel ripasso...

domenica 15 marzo 2009

Yoga (e ricordi di spogliatoio)

Forse la dimensione piu’ bella, piu’ profonda e piu’ nuova di queste mie ultime settimane e’ quella fisica, quella del corpo.

Circa da quando ho iniziato le lezioni di Shaolin, ho iniziato in parallelo a praticare lo Yoga, sempre con delle lezioni all’Universita’, e questa e’ stata una rivelazione davvero interessante.


Che facendo sport si sta bene e’ chiaro, e l’ho sempre saputo. Gli anni meravigliosi nella palestra di vita di Rodeano Basso me lo hanno piu’ che confermato. Ma c’e’ piu’ di sport nello Yoga, nello Shaolin, in queste tradizioni, in queste discipline che si basano su una comprensione profonda del corpo e di come esso e’ collegato alla persona. Sto cominciando appena a capire come muovendo il corpo si possa arrivare anche al fondo di se stessi, arrivare a toccare (e anche controllare) i meccanismi misteriosi che fanno star bene una persona.

Non abbiamo un corpo, siamo un corpo (lo dice anche il Catechismo, in qualche modo contrariamente ai supposti secula seculorum di dualismo).

In tutto questo mi e’ stata di grande ispirazione, e anche guida, Angela che ha fatto di questa intuizione uno stile di vita, una professione, un’arte.

Comunque per me e’ solo l’inizio, e per ora sono gia’ contento di riuscire a fare uno stretching piu’ profondo e aver migliorato la mia postura. Anche se devo dire, durante certe sessioni di Yoga, soprattutto se arrivo carico di tensione, e’ difficile trattenere le lacrime, tanto quelle misteriose posizioni elaborate da secoli riescono ad aprire, sbloccare e muovere qualcosa di interno.

E’ divertente a volte il contrasto di questa venerabile tradizione orientale con le strutture dello scantinato della Student Union dell’Universita’ di Londra. Ma quello che e’ piu’ classico (e cozzante) sono i nomi delle istruttrici: Mollie e Rebecca. Chi ha girato un po’ nel mondo anglosassone, sa che un’istruttrice (di aerobica di solito, pero’) non puo’ che avere uno di questi due nomi: Mollie o Rebecca. (Forse vengono ribatezzate cosi’ e Mollie e Rebecca sono semplicemente appellativi che stanno per il loro grado, tipo, caporale e sergente – questo spiegherebbe).


In ogni caso, per essere onesti e completi nella riflessione, Yoga e’ Yoga, e Volley e’ Volley. Forse fra Mollie e Rebecca VS Fausto e Rudy DeRosa saprei chi scegliere… (ma anche qui
dipende), pero’ la grande differenza la fanno gli spogliatoi. Da un lato gli armadietti con la chiave che si lega al polso e decine di volti sconosciuti, dall’altro… beh, frustate di asciugamani, docce gelate, g.t.v., topi e max…. e fra le piu’ belle amicizie che ancora mi accompagnano.

sabato 14 marzo 2009

Il Problema del Male

Il secondo saggio di Filosofia della Religione e’ sul `problema del male’ – un problema teologico classico che ha impegnato quasi tutto i grandi filosofi che si sono occupati di religione, a partire da Sant’Agostino fino a oggi.

http://www.mediafire.com/?eydqromz1ha

Perche’ esiste il male se Dio e’ buono e onnipotente? Se il male esiste e Dio vuole toglierlo ma non puo’, allora Dio non e’ onnipotente. Se invece puo’ ma non vuole, allora non e’ buono. C’e’ chi ha argomentato che il male non esiste (Agostino – non ha un’essenza propria, e’ privazione del bene), chi per un Dio senza uno dei due attributi, bonta’ o onnipotenza. E chi per la consistenza logica dei tre aspetti: male, bonta’ e onnipotenza.

Nel mio saggio prendo in considerazione questa terza opzione discutendo il lavoro di Alvin Plantinga, un filosofo contemporaneo calvinista particolarmente intelligente. La sua tesi – come per tanti altri - e’ che Dio e’ buono e onnipotente, ma avendo voluto creare l’uomo libero, necessariamente deve acconsentire all’esistenza del male, perche’ azioni libere dell’uomo non possono non risultare anche in effetti malvagi [questi argomenti riguardano quindi il male che segue scelte morali, non tanto mali conseguenti a fenomeni fisici, come un terremoto o una malattia genetica]. La risposta all’esistenza del male sarebbe dunque la liberta’ dell’uomo.

C’e’ chi ha risposto (per esempio Mackie): Dio avrebbe potuto creare l’uomo libero e far si’ che l’uomo comunque scelga sempre il bene. Visto che questo succede qualche volta non e’ logicamente impossibile che succeda ogni volta. Plantinga cerca di dimostrare che nemmeno un Dio onnipotente puo’ creare un mondo con uomini liberi che scelgono sempre il bene. Questo funziona (forse) accettando come premessa che un Dio onnipotente puo’ fare tutto, ma a patto che non violi le leggi della logica. Per esempio nemmeno Dio puo’ creare un cerchio quadrato o un mondo in cui Lui stesso non esiste.

La conclusione e’ – come per Agostino e Tommaso – che fra tutti i mondi possibili che Dio avrebbe potuto creare, il nostro e’ quello piu’ perfetto, nonostante la presenza del male, perche’ e’ un mondo con individui liberi.

Il mio saggio e’ molto circoscritto al problema di cosa Dio possa logicamente fare o non fare, basandomi sull’analisi di Plantinga.

Ma il problema del male ha un respiro ben piu’ ampio. Intanto cos’e’ il male? Qualsiasi esperienza di dolore e sofferenza? Un ginocchio sbucciato perche’ si inciampa e si cade? Ma si puo’ veramente domandare a Dio che se Lui e’ buono deve togliere anche questo tipo di male? Dovrebbe forse anche invalidare localmente la legge di gravita’ allora… forse e’ troppo.

Ampliando un po’ lo sguardo, c’e’ chi riflette (il Padre della Chiesa Ireneo di Lione, per primo) sulla natura della sofferenza, e del male vissuto personalmente come una dinamica essenziale alla crescita morale della persona, e quindi anche coerente con il progetto di Dio.

Infine c’e’ l’aspetto cristiano della croce, apice del male, che arriva fino alla morte, ma che in Cristo diventa passaggio alla vita. Credo sia decisamente troppo dire che il male e’ necessario al progetto di Dio, insistendo che attraverso la redenzione abbiamo una piu’ profonda esperienza di Lui (per esempio la dinamica del peccato e del perdono). Ma sicuramente la realta’ del male e’ un dato essenziale della Bibbia, sul quale Dio costruisce elementi per elaborare la sua relazione con l’uomo e sul quale in ultima istanza trionfa.

sabato 7 marzo 2009

L'Argomento Cosmologico

In questi giorni sto scrivendo i saggi di Filosofia della Religione, che come si puo' immaginare mi appassionano molto. Il primo, che potete scaricare qui

http://www.mediafire.com/?yztyykznnyh

e’ sull’argomento cosmologico, una delle prove classiche dell’esistenza di Dio.

Ci sono diversi argomenti che tentano di dimostrare l’esistenza di Dio. Alcuni si basano su ragionamenti a priori, come l’argomento ontologico che parte dalla definizione di Dio come l’essere che possiede ogni perfezione e conclude che fra le sue proprieta’, per essere perfetto, deve includere anche l’esistenza. Altri argomenti muovono da osservazioni a posteriori sullo stato dell’universo. L’argomento teleologico, per esempio, osserva che la complessita’ dell’universo, e soprattutto le condizioni cosi’ speciali che hanno portato alla formazione della vita umana, sono tali da richiedere una spiegazione di finalita’ che solo un creatore puo’ soddisfare.

L’argomento cosmologico, invece, parte dalla semplice osservazione che nell’universo esistono delle cose e che e’ ragionevole chiedersi il motivo della loro esistenza. Questo costituisce il `principio di ragione sufficiente', introdotto da Leibniz: ogni cosa che esiste deve avere una causa o una spiegazione per la sua esistenza. Le cose esistenti possono essere solo di due tipi: quelle che esistono necessariamente (non possono non esistere) e quelle che esistono contingentemente (possono non esistere). Per le cose necessarie la spiegazione dell’esistenza e’ a loro interna, per le cose contingenti, esterna, cioe’ sono causate da un'altra cosa esterna.

Una versione dell’argomento procede piu’ o meno cosi’. L’universo viene visto come una serie di cose contingenti, ognuna delle quali ha una causa che la precede. Questa serie puo’ essere finita o infinita (questa scelta e’ un aspetto importante, ma non decisivo. Per i medioevali il regresso all’infinito non era accettabile, ma per la matematica moderna una serie infinita senza un primo termine non e’ un problema). Poi bisogna decidere se la serie stessa sia una cosa che ha bisogno di una causa. Se si’, la causa non puo’ essere una cosa contingente, altrimenti sarebbe interna alla serie e non potrebbe causarla. Allora deve essere necessaria. La causa necessaria della serie di cose contingenti sarebbe riconoscibile come Dio. Nel saggio ci sono tutti i dettagli. Mi sono divertito, perche’ ho dovuto rivedermi criteri di convergenza delle serie matematiche e alcune idee sulla topologia e la geometria dell’Universo che emergono dalla relativita' generale. Ma anche leggere i testi originali di San Tommaso d’Aquino e’ stato emozionante.

Questi argomenti razionali hanno la loro forza, ma e’ gia’ tanto se riescono a convincere che un essere necessario debba esistere come prima causa. Siamo lontani dal Dio della religione. Per quello bisogna pensare a una serie di argomenti combinati che trattano altre proprieta’ della sua essenza.

Non bisogna comunque dimenticare la classica obiezione di Kant: l’esistenza non e’ un predicato, cioe’ non fa parte della serie di proprieta’ che servono a specificare l’essenza di una cosa. L’essenza non include l’esistenza.

Eh, poben.

venerdì 6 marzo 2009

Un'ottima giornata

Si sta avvicinando (fra tre settimane) la fine del secondo terzo del Master. Ormai. Questo e’ il momento in cui la fatica del lavoro e la debolezza dovuta a non sufficiente introspezione possono giocare brutti scherzi, il peggiore dei quali e’ la perdita della dimensione della gratitudine. Se si smette di essere grati per quello che ci e’ dato di vivere, la vita si appiattisce a un meccanismo da far andare avanti con le nostre poche energie. Chi e’ grato invece riconosce che quello che ha non se lo e’ dato da solo, il che sprigiona un agire piu’ vigoroso: un operazione che non richiede fede dottrinale, solo uno sguardo onesto sulla realta’.

Un bel richiamo alla gratitudine e’ arrivato oggi. Dopo qualche settimana passata con la testa piuttosto bassa (mi dovrei ricordare di quello che dice Padre Edoardo Sandron: ricordati di guardare in alto!), cioe’ con la testa dentro l’inquietudine e la fatica dell’ordinario, ho passato una bella giornata, ricca di relazioni.

Al mattino, dopo un’enorme colazione ritmata dal flusso continuo delle notizie della BBC News Channel, ho passato quattro ore ad aiutare Rana e Robin a traslocare, ascoltando racconti di Rana appena tornata dalla Striscia di Gaza e arrotolando bicchieri nel giornale. Poi una bella giornata di sole mi ha accompagnato in bicicletta fino a Russell Square dove in un cafe’ italiano io, Vincenzo, Robyn ed Emily abbiamo fatto un gruppo di studio dal sapore liceale risolvendo problemi di logica formale. Poi io ed Emily, chiacchierando di Giovanni Scoto Eriugena, siamo andati alla lezione di Metafisica, li’ vicino nel Darwin Building. Un corso eccezionale e appassionante. Dopo lezione, con Emily, Lorenza e Qiu abbiamo chiuso in gloria con una bella pinta al pub, circondati dall’aristocrazia intellettuale di Bloomsbury, l’elegante quartiere dominato dall’University College London.

Ogni personaggio citato meriterebbe una pagina, ma e’ a Qiu che va un pensiero speciale stasera. Un filosofo ricercatore cinese in visita al King’s College, amico mio da qualche settimana. Veramente una presenza interessante per il suo riuscire a incorporare un’ottima conoscenza della filosofia analitica e continentale, cresciuta pero’ da radici piantate nella tradizione cinese: davvero un mix intrigante. Pensare che una persona domini la logica occidentale basata sul principio di non-contraddizione (non e’ possibile che p e non-p) provenendo allo stesso tempo da una cultura che contempla la contraddizione come dato fondamentale dell’essere (e’ possibile che p e non-p)… Fantastico. Si puo’ immaginare cosa venga fuori davanti a una pinta di buona birra.

Come non essere grati dopo una giornata cosi’? Riconosco che l’elemento fondamentale che rende una giornata cosi’ preziosa e’ l’elemento dell’incontro. Lo stare assieme e il condividere. Mi sono reso conto, confrontando con le giornate precedenti, quanto io dipenda per il mio benessere da questo elemento.

Allora guardare in alto e ringraziare per quando viene dato.

In ogni caso, anche dalle giornate a testa bassa c’e’ da imparare, anzi, quando viste dalla prospettiva positiva di oggi, c’e’ molto da imparare.

Mi dispiace di non essere riuscito a scrivere molto di recente, ma i saggi e la tesi mi hanno assorbito tutte le ore. Finalmente ho finito la tesi di laurea in fisica almeno, ed e’ ormai in viaggio verso l’Italia.

Avrei un po’ di cosette da raccontare dalle ultime settimane, e spero di poterle tirar fuori nei prossimi giorni, a patto che siano ancora autentiche.

Intanto un saluto a tutti. Mandi!

venerdì 20 febbraio 2009

Identita' necessarie

Vi offro l'ultimo saggio. Questa volta si tratta di metafisica, quindi la riflessione e' astratta, ma anche quintessenzialmente filosofica. Anche se l'ho scritto non nelle migliori condizioni personali, e' forse uno dei miei preferiti.

Si tratta di una discussione del problema dell'identita' fra due oggetti e dell'espressione linguistica di tale identita'.

Il filosofo di riferimento e' Saul Kripke che negli anni 70 ha scritto degli articoli decisivi che hanno messo in discussione delle posizioni molto antiche sul significato delle fondamentali classi di verita': necessita', contingenza, a priori, a posteriori.

In questo caso la tesi di Kripke e' che le espressioni di identita', se vere, allora sono necessariamente vere.

http://www.mediafire.com/?z3y1v2jwz4h

lunedì 2 febbraio 2009

Ha disperso i superbi

Oggi tutta Londra e’ ferma a causa della neve.

Ieri sera in casa si scherzava e si rideva un sacco nel sentire l’allarmismo dei telegiornalisti: condizioni metereologiche severe! Gravi conseguenze! Pericolo! Ma coraggio se, stiamo uniti come Nazione ce la faremo! (Erano caduti i primi 5 cm di neve…) Per un europeo-alpino la situazione era decisamente comica e letteralmente ero piegato dalle risate guardando il telegiornale [telegiornale? - ah si’ – sono riuscito per un attimo a convincere i compagni di casa a non guardare reality-tv sull’obesita’]

Ma poi la neve ha continuato a cadere… tutta la notte, e stramattina ci sono piu’ di 20 cm. Non ne e’ caduta cosi’ tanta a Londra in 20 anni. E TUTTO e’ fermo! Non si muovono gli autobus e il metro’. La gente va piano piano a prendere latte e pane per poi barricarsi in casa. Telefonate continue per assicurarsi di non essere i soli a non andare al lavoro.


Guardavo fuori dalla finestra contemplando un paesaggio bellissimo, ma decisamente inusuale: il contenuto e’ Inglese, ma la forma e’ decisamente europea, nordica, alpina. Anche le brutte case di mattoni di fronte a me sono eleganti e i giardini incolti sembrano curati.

Ma poi meditavo piu’ a fondo sul senso di questa straordinaria neve, e qui sta il motivo del blog. La neve ha una natura gentile, umilissima, silenziosa: procede per fiocchi innocenti e leggeri: ma solo dalle tempo e ferma una citta’ intera! Nessuno si aspetta tanta neve in citta’. Effettivamente e’ proprio un fatto strano.

In MILIONI oggi saremo a casa. Inclusi professori, pubblici amministratori, giornalisti, banchieri, analisti finanziari, studenti, autisti, impiegati, operai, cuochi. Gli unici che non staranno a casa sono quei disgraziati che non ce l’hanno.

Sono anche molto contento che si sia gelata la parabola del ricevitore satellitare e il segnale digitale non funzioni e il reality sull’obesita’ non si veda.

Spero sia un giorno di calma per tutti, un giorno in cui forzatamente da soli con se stessi nasca un sano e naturale desiderio di introspezione. Che questa citta’ motore e simbolo della finanza internazionale e del capitale virtuale, e anche motore e simbolo della sua crisi, sia un po’ positivamente umiliata, rallentata.

Mi sono venute in mente le parole del Magnificat:

“Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili”

sabato 31 gennaio 2009

Da chest pais forest

Oggi vi lascio una canzone che mi ha fatto pensare molto agli amici e alla famiglia a casa, in Italia. Si chiama “Da chest pais forest”, dei Povolar Ensamble – un gruppo della Carnia (la regione montana del Friuli) che negli anni 70-80 ha scritto dei pezzi iconici sull’universo umano della vita in montagna: il lavoro, la fatica, la miseria, il paese, la religione, il comunismo, l’idealismo, l’abbandono, l’emigrazione.

Nel mio caso, sarebbe proprio fuori luogo appropriarsi della drammatica retorica dell’emigrazione, visto che `emigro’ per libera scelta e sono a 50 Euro di distanza dalla mamma, quindi l’associazione di idee e’ molto meno impegnativa: sono pero’ pur sempre in “un pais forest”, e poi la canzone e’ bella in se’.

http://www.mediafire.com/?mnndkmdyyc2

Due saggi

Per continuare la tradizione, pubblico i miei scritti.

Il primo e' un saggio sull'induzione, che e' andato abbastanza bene. E' una discussione sul se e come si possano giustificare i ragionamenti induttivi, cioe' le generalizzazioni che si fanno a partire da un numero limitato di osservazioni particolari. Detto cosi', una noia mortale. Per i piu' coraggiosi:

http://www.mediafire.com/?dzt0z4m12zy

Il secondo e' un saggio sui problemi etici dell'aborto, e dovrebbe essere in teoria piu' leggibile e interessante. Purtroppo pero' non e' per niente fatto bene, infatti ho avuto molta difficolta' a difenderlo durante il tutorial. Non lo raccomando, nel senso che non aiuta molto ad approfondire il problema. Ha un taglio tecnico, filosofico con il quale non sono riuscito a far emergere la questione nella sua complessita' e pienezza. Ma lo metto per completezza.

http://www.mediafire.com/?emymoznizhw

Shaolin Kung Fu

Le lezioni di ballo sono diventate troppo competitive. Da quando è stato annunciato lo spettacolo di fine anno le lezioni sono diventate audizioni per entrare nel cast. Siccome sono troppo bravo e non riuscivo a trovare una ballerina alla mia altezza (forse in cm…) ho provato a vedere cosa c’era in offerta nelle altre stanze dell’Unione Studenti del Campus, sempre alle 7 del martedì.

Con gran piacere ho scoperto le lezioni di Shaolin Kung Fu. Lo Shaolin Kung Fu e' un arte marziale cinese molto antica sviluppata dai monaci buddisti Shaolin come complemento alle pratiche meditative. Qualcuno si ricorderà del mio “grande” interesse (molto teorico) per l’arte marziale che mi aveva portato molto vicino a partire per un monastero cinese. E’ da notare come questa mia frivola propensione ai cambiamenti repentini di interessi e passioni abbia poco a che fare con la stoica ed iconica presenza e costanza richiesta proprio dall’arte marziale… Se sapessero che vengo direttamente dalle lezioni di latino-americano…

In ogni caso mi ricordo di quando Riccardo senza mezzi termini così reagì al mio entusiastico annuncio di andare in Cina a “studiare” il kung-fu: “Ma perché non vai a lezione a Majano?” Aveva ragione. Si può fare molto anche senza andare lontano.


E questa stanza piuttosto piccola del Campus dove ci alleniamo ha il fascino locale di Majano, ma dentro c’è tutta l’aria dell’Oriente (all’inizio soprattutto, perché dopo due ore, in 25 persone…). Bellissimo. Che universo. Non so ancora niente, ma mi sembra di intuire che in questo melange disciplinato di corpo e mente ci sia molto da imparare. Forza, destrezza, velocità, resistenza, coraggio, dolore, prontezza… Ma soprattutto dolore per ora…

Questo esercizio lo racconto soprattutto per Giacomo, che si godrà la scena immaginandomi come soggetto. Ci hanno fatti sedere con le gambe distese e i pantaloni tirati su fino al ginocchio. Quello che segue è un esercizio per “condizionare” le ossa, ovvero microfratturare l’osso affinché si ricostruisca più forte, e affinché la propria soglia di sopportazione del dolore cresca. Un compagno fa rotolare applicando pressione un bastone di legno sulle tibie provocando immediati ematomi per tutta la lunghezza della tibia, accompagnato da dolore indescrivibile. Anche questo serve a costruire un lottatore-gentiluomo!

Alla fine della lezione, dopo qualche inchino e formula di rito in lingua originale ci si siede tutti ordinatamente a terra a gambe incrociate e guardando il muro, e da dietro il Maestro prende una cornice con i precetti dell’arte, che si trova vicino alla foto di un vecchio Maestro cinese. Poi la dà a una cintura nera che legge e tutti ripetiamo ad alta voce i precetti. La prima volta, il mix di regimentazione molto tradizionale e forse anche un po’ militar-Maoista della situazione, la ripetizione di regole all’unisono, l’eco universale dei principi, mi ha quasi mosso a lacrime. (Forse erano ancora le tibie…)

Vi lascio con i precetti:


PRECEPT AND TENANTS

Revere your ancestor (Riverisci i tuoi antenati)

Respect your guide (Rispetta la tua guida)

Train with your mind (Allenati con la tua mente)

Strengthen the will (Rafforza la volonta')

Centre your energy (Concentra la tua energia)

Focus on reality (Focalizzati sulla realta')

Act with earnestness (Agisci con onesta intenzione)

Covet nothing (Non disperderti nel desiderio)

Subdue the I (Soggioga l’io)

Behave with fortitude (Comportati con coraggio)

Approach with innocence (Approccia con innocenza)

Ever hope (Spera sempre)

Life is death (La vita e’ morte)

Death is life (La morte e’ vita)

Teach the deserving (Insegna a chi merita)

Teach with passion (Insegna con passione)

Learn always (Impara sempre)

Assume nothing (Non assumere niente)

Anno 2009, atto 2 di 3, Master in Filosofia

Tento di riprendere a scrivere qualcosa, nello spirito di quanto fatto finora. Sono tornato a Londra da tre settimane, e questa è la prima vera occasione che ho avuto per scrivere un post. Sono stato immerso in un mix di filosofia e fisica che non mi ha lasciato tempo o energia per riflessioni serali da salotto-blog, ma sicuramente tanta voglia di farlo.

Nel frattempo ho scritto due saggi per il corso, una revisione di un articolo di fisica, e l’ultimo capitolo della tesi per la laurea italiana in fisica. Le lezioni sono riprese e vanno bene come al solito. Ma non è su questo che voglio fermarmi.

Ci sarebbe una montagna di materiale da recuperare per le nostre conversazioni, materiale sia accademico che esperienziale, e tante osservazioni e pensieri fatti in queste settimane, ma dubito di riuscire a riprodurli qui con la freschezza originale. Non lo farò. Bisogna accettare di essere in perdita con la memoria e la rielaborazione del vissuto. Dopotutto è anche normale che si viva di più di quello che si riesce a dire di aver vissuto.

Una riflessione generale che credo possa andare bene come post di apertura nel nuovo anno è che mi sembra di intuire abbastanza chiaramente di non essere interessato alla filosofia come carriera. Non tanto perchè ho appreso che non si può sperare in una posizione accademica, nemmeno nella tradizione analitica anglo-americana, senza un dottorato in filosofia e io non ho l’energia o il desiderio di passare attraverso il torchio di un secondo dottorato. Piuttosto perché comincio a vedere la filosofia come una compagna eccezionale per sollevare domande, ma non come lo strumento privilegiato per trovare delle risposte. La filosofia svolge un ruolo fondamentale nell’identificare le domande più profonde, o più appropriate, in tutti i campi della conoscenza (un nobile servizio), ma spesso le risposte a un dato problema non esistono o sono troppe e diverse. Mi manca la concretezza di problemi risolvibili con un grado superiore di certezza. Dove sia misurabile anche sulla scala della mia vita, non solo della storia del pensiero, un progresso.

In breve: amo la filosofia, ma sto cercando lavoro nel laboratorio di fisica.