lunedì 30 marzo 2009

Onniscienza

Con questo, ho finito i nove saggi di preparazione previsti per i primi 2/3 del Master.

Quest'ultimo, anche se in stato ancora non rifinito, mi ha ispirato a scegliere questo tema per la dissertazione finale.

Se Dio ha conoscenza perfetta del futuro, vuole dire che il futuro è già predeterminato e la nostra libertà è un'illusione?

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Immagina che P sia una proposizione contingente che riguarda il futuro. Per esempio P = "Andrò alla festa di Antonio la prossima settimana". Contingente significa che e' possibile che P sia falsa e che P sia vera. Se Dio conosce infallibilmente se P è vera o falsa oggi, allora in un certo senso il futuro e' vincolato a svolgersi in modo tale che P sia vera, quindi non sono veramente libero di scegliere se andare o no. In aggiunta P diventerebbe necessaria, e non più contingente, il che contraddice l'assunzione di partenza. D'altro canto se Dio non conosce se P sia vera o falsa allora c'è qualcosa che Dio non conosce e allora Dio non è onniscente. C'e' una terza possibilità, cioè che P non sia ora né vera né falsa, ma che diventi o vera o falsa nel futuro, quando l'evento si realizza o meno. Ma anche questo e' problematico, perchè non e' un risultato generalizzabile: ci sono sicuramente proposizioni contingenti a riguardo del futuro che sono vere nel passato, per esempio: "Un biglietto vincente verrà estratto alla lotteria".

Nel saggio cerco di dimostare che c'e' un errore logico nei ragionameti del paragrafo precendente e che dal fatto che la verità o falsità di proposizioni formulate nel passato (ma che riguardano il futuro) non si può dedurre che le nostre azioni nel futuro non sono libere. Ho usato le idee di logici contemporanei.

Trovo questo tema affascinante e dovrei lavorarci sù ancora tanto, perchè è pieno di tranelli e difficoltà sia logiche che metafisiche.

Il problema è antichissimo. La prima formulazione era di Aristotele, che non necessitava nemmeno di un essere onniscente per porre il problema. E' il dilemma della battaglia marina nel 'De Interpretatione'. Poi c'e' stato un fiorire di proposte dagli scolastici medioevali. Per esempio Tommaso e Boezio pensavano che il problema si risolvesse notando che Dio e' fuori dal tempo, e quindi può conoscere ora come in un eterno presente atemporale tutti gli eventi che per noi sono collocati nel passato, presente e futuro. Bello ma non basta! Sembra che serva la logica modale contemporanea per uscirne.

Mi sono appassionato perchè il problema richiama problemi sulla simultaneità degli eventi in relatività speciale, quelle cose che si capiscono sul momento e poi si è sempre al punto a capo. Infatti mi è venuta voglia di fare un bel ripasso...

domenica 15 marzo 2009

Yoga (e ricordi di spogliatoio)

Forse la dimensione piu’ bella, piu’ profonda e piu’ nuova di queste mie ultime settimane e’ quella fisica, quella del corpo.

Circa da quando ho iniziato le lezioni di Shaolin, ho iniziato in parallelo a praticare lo Yoga, sempre con delle lezioni all’Universita’, e questa e’ stata una rivelazione davvero interessante.


Che facendo sport si sta bene e’ chiaro, e l’ho sempre saputo. Gli anni meravigliosi nella palestra di vita di Rodeano Basso me lo hanno piu’ che confermato. Ma c’e’ piu’ di sport nello Yoga, nello Shaolin, in queste tradizioni, in queste discipline che si basano su una comprensione profonda del corpo e di come esso e’ collegato alla persona. Sto cominciando appena a capire come muovendo il corpo si possa arrivare anche al fondo di se stessi, arrivare a toccare (e anche controllare) i meccanismi misteriosi che fanno star bene una persona.

Non abbiamo un corpo, siamo un corpo (lo dice anche il Catechismo, in qualche modo contrariamente ai supposti secula seculorum di dualismo).

In tutto questo mi e’ stata di grande ispirazione, e anche guida, Angela che ha fatto di questa intuizione uno stile di vita, una professione, un’arte.

Comunque per me e’ solo l’inizio, e per ora sono gia’ contento di riuscire a fare uno stretching piu’ profondo e aver migliorato la mia postura. Anche se devo dire, durante certe sessioni di Yoga, soprattutto se arrivo carico di tensione, e’ difficile trattenere le lacrime, tanto quelle misteriose posizioni elaborate da secoli riescono ad aprire, sbloccare e muovere qualcosa di interno.

E’ divertente a volte il contrasto di questa venerabile tradizione orientale con le strutture dello scantinato della Student Union dell’Universita’ di Londra. Ma quello che e’ piu’ classico (e cozzante) sono i nomi delle istruttrici: Mollie e Rebecca. Chi ha girato un po’ nel mondo anglosassone, sa che un’istruttrice (di aerobica di solito, pero’) non puo’ che avere uno di questi due nomi: Mollie o Rebecca. (Forse vengono ribatezzate cosi’ e Mollie e Rebecca sono semplicemente appellativi che stanno per il loro grado, tipo, caporale e sergente – questo spiegherebbe).


In ogni caso, per essere onesti e completi nella riflessione, Yoga e’ Yoga, e Volley e’ Volley. Forse fra Mollie e Rebecca VS Fausto e Rudy DeRosa saprei chi scegliere… (ma anche qui
dipende), pero’ la grande differenza la fanno gli spogliatoi. Da un lato gli armadietti con la chiave che si lega al polso e decine di volti sconosciuti, dall’altro… beh, frustate di asciugamani, docce gelate, g.t.v., topi e max…. e fra le piu’ belle amicizie che ancora mi accompagnano.

sabato 14 marzo 2009

Il Problema del Male

Il secondo saggio di Filosofia della Religione e’ sul `problema del male’ – un problema teologico classico che ha impegnato quasi tutto i grandi filosofi che si sono occupati di religione, a partire da Sant’Agostino fino a oggi.

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Perche’ esiste il male se Dio e’ buono e onnipotente? Se il male esiste e Dio vuole toglierlo ma non puo’, allora Dio non e’ onnipotente. Se invece puo’ ma non vuole, allora non e’ buono. C’e’ chi ha argomentato che il male non esiste (Agostino – non ha un’essenza propria, e’ privazione del bene), chi per un Dio senza uno dei due attributi, bonta’ o onnipotenza. E chi per la consistenza logica dei tre aspetti: male, bonta’ e onnipotenza.

Nel mio saggio prendo in considerazione questa terza opzione discutendo il lavoro di Alvin Plantinga, un filosofo contemporaneo calvinista particolarmente intelligente. La sua tesi – come per tanti altri - e’ che Dio e’ buono e onnipotente, ma avendo voluto creare l’uomo libero, necessariamente deve acconsentire all’esistenza del male, perche’ azioni libere dell’uomo non possono non risultare anche in effetti malvagi [questi argomenti riguardano quindi il male che segue scelte morali, non tanto mali conseguenti a fenomeni fisici, come un terremoto o una malattia genetica]. La risposta all’esistenza del male sarebbe dunque la liberta’ dell’uomo.

C’e’ chi ha risposto (per esempio Mackie): Dio avrebbe potuto creare l’uomo libero e far si’ che l’uomo comunque scelga sempre il bene. Visto che questo succede qualche volta non e’ logicamente impossibile che succeda ogni volta. Plantinga cerca di dimostrare che nemmeno un Dio onnipotente puo’ creare un mondo con uomini liberi che scelgono sempre il bene. Questo funziona (forse) accettando come premessa che un Dio onnipotente puo’ fare tutto, ma a patto che non violi le leggi della logica. Per esempio nemmeno Dio puo’ creare un cerchio quadrato o un mondo in cui Lui stesso non esiste.

La conclusione e’ – come per Agostino e Tommaso – che fra tutti i mondi possibili che Dio avrebbe potuto creare, il nostro e’ quello piu’ perfetto, nonostante la presenza del male, perche’ e’ un mondo con individui liberi.

Il mio saggio e’ molto circoscritto al problema di cosa Dio possa logicamente fare o non fare, basandomi sull’analisi di Plantinga.

Ma il problema del male ha un respiro ben piu’ ampio. Intanto cos’e’ il male? Qualsiasi esperienza di dolore e sofferenza? Un ginocchio sbucciato perche’ si inciampa e si cade? Ma si puo’ veramente domandare a Dio che se Lui e’ buono deve togliere anche questo tipo di male? Dovrebbe forse anche invalidare localmente la legge di gravita’ allora… forse e’ troppo.

Ampliando un po’ lo sguardo, c’e’ chi riflette (il Padre della Chiesa Ireneo di Lione, per primo) sulla natura della sofferenza, e del male vissuto personalmente come una dinamica essenziale alla crescita morale della persona, e quindi anche coerente con il progetto di Dio.

Infine c’e’ l’aspetto cristiano della croce, apice del male, che arriva fino alla morte, ma che in Cristo diventa passaggio alla vita. Credo sia decisamente troppo dire che il male e’ necessario al progetto di Dio, insistendo che attraverso la redenzione abbiamo una piu’ profonda esperienza di Lui (per esempio la dinamica del peccato e del perdono). Ma sicuramente la realta’ del male e’ un dato essenziale della Bibbia, sul quale Dio costruisce elementi per elaborare la sua relazione con l’uomo e sul quale in ultima istanza trionfa.

sabato 7 marzo 2009

L'Argomento Cosmologico

In questi giorni sto scrivendo i saggi di Filosofia della Religione, che come si puo' immaginare mi appassionano molto. Il primo, che potete scaricare qui

http://www.mediafire.com/?yztyykznnyh

e’ sull’argomento cosmologico, una delle prove classiche dell’esistenza di Dio.

Ci sono diversi argomenti che tentano di dimostrare l’esistenza di Dio. Alcuni si basano su ragionamenti a priori, come l’argomento ontologico che parte dalla definizione di Dio come l’essere che possiede ogni perfezione e conclude che fra le sue proprieta’, per essere perfetto, deve includere anche l’esistenza. Altri argomenti muovono da osservazioni a posteriori sullo stato dell’universo. L’argomento teleologico, per esempio, osserva che la complessita’ dell’universo, e soprattutto le condizioni cosi’ speciali che hanno portato alla formazione della vita umana, sono tali da richiedere una spiegazione di finalita’ che solo un creatore puo’ soddisfare.

L’argomento cosmologico, invece, parte dalla semplice osservazione che nell’universo esistono delle cose e che e’ ragionevole chiedersi il motivo della loro esistenza. Questo costituisce il `principio di ragione sufficiente', introdotto da Leibniz: ogni cosa che esiste deve avere una causa o una spiegazione per la sua esistenza. Le cose esistenti possono essere solo di due tipi: quelle che esistono necessariamente (non possono non esistere) e quelle che esistono contingentemente (possono non esistere). Per le cose necessarie la spiegazione dell’esistenza e’ a loro interna, per le cose contingenti, esterna, cioe’ sono causate da un'altra cosa esterna.

Una versione dell’argomento procede piu’ o meno cosi’. L’universo viene visto come una serie di cose contingenti, ognuna delle quali ha una causa che la precede. Questa serie puo’ essere finita o infinita (questa scelta e’ un aspetto importante, ma non decisivo. Per i medioevali il regresso all’infinito non era accettabile, ma per la matematica moderna una serie infinita senza un primo termine non e’ un problema). Poi bisogna decidere se la serie stessa sia una cosa che ha bisogno di una causa. Se si’, la causa non puo’ essere una cosa contingente, altrimenti sarebbe interna alla serie e non potrebbe causarla. Allora deve essere necessaria. La causa necessaria della serie di cose contingenti sarebbe riconoscibile come Dio. Nel saggio ci sono tutti i dettagli. Mi sono divertito, perche’ ho dovuto rivedermi criteri di convergenza delle serie matematiche e alcune idee sulla topologia e la geometria dell’Universo che emergono dalla relativita' generale. Ma anche leggere i testi originali di San Tommaso d’Aquino e’ stato emozionante.

Questi argomenti razionali hanno la loro forza, ma e’ gia’ tanto se riescono a convincere che un essere necessario debba esistere come prima causa. Siamo lontani dal Dio della religione. Per quello bisogna pensare a una serie di argomenti combinati che trattano altre proprieta’ della sua essenza.

Non bisogna comunque dimenticare la classica obiezione di Kant: l’esistenza non e’ un predicato, cioe’ non fa parte della serie di proprieta’ che servono a specificare l’essenza di una cosa. L’essenza non include l’esistenza.

Eh, poben.

venerdì 6 marzo 2009

Un'ottima giornata

Si sta avvicinando (fra tre settimane) la fine del secondo terzo del Master. Ormai. Questo e’ il momento in cui la fatica del lavoro e la debolezza dovuta a non sufficiente introspezione possono giocare brutti scherzi, il peggiore dei quali e’ la perdita della dimensione della gratitudine. Se si smette di essere grati per quello che ci e’ dato di vivere, la vita si appiattisce a un meccanismo da far andare avanti con le nostre poche energie. Chi e’ grato invece riconosce che quello che ha non se lo e’ dato da solo, il che sprigiona un agire piu’ vigoroso: un operazione che non richiede fede dottrinale, solo uno sguardo onesto sulla realta’.

Un bel richiamo alla gratitudine e’ arrivato oggi. Dopo qualche settimana passata con la testa piuttosto bassa (mi dovrei ricordare di quello che dice Padre Edoardo Sandron: ricordati di guardare in alto!), cioe’ con la testa dentro l’inquietudine e la fatica dell’ordinario, ho passato una bella giornata, ricca di relazioni.

Al mattino, dopo un’enorme colazione ritmata dal flusso continuo delle notizie della BBC News Channel, ho passato quattro ore ad aiutare Rana e Robin a traslocare, ascoltando racconti di Rana appena tornata dalla Striscia di Gaza e arrotolando bicchieri nel giornale. Poi una bella giornata di sole mi ha accompagnato in bicicletta fino a Russell Square dove in un cafe’ italiano io, Vincenzo, Robyn ed Emily abbiamo fatto un gruppo di studio dal sapore liceale risolvendo problemi di logica formale. Poi io ed Emily, chiacchierando di Giovanni Scoto Eriugena, siamo andati alla lezione di Metafisica, li’ vicino nel Darwin Building. Un corso eccezionale e appassionante. Dopo lezione, con Emily, Lorenza e Qiu abbiamo chiuso in gloria con una bella pinta al pub, circondati dall’aristocrazia intellettuale di Bloomsbury, l’elegante quartiere dominato dall’University College London.

Ogni personaggio citato meriterebbe una pagina, ma e’ a Qiu che va un pensiero speciale stasera. Un filosofo ricercatore cinese in visita al King’s College, amico mio da qualche settimana. Veramente una presenza interessante per il suo riuscire a incorporare un’ottima conoscenza della filosofia analitica e continentale, cresciuta pero’ da radici piantate nella tradizione cinese: davvero un mix intrigante. Pensare che una persona domini la logica occidentale basata sul principio di non-contraddizione (non e’ possibile che p e non-p) provenendo allo stesso tempo da una cultura che contempla la contraddizione come dato fondamentale dell’essere (e’ possibile che p e non-p)… Fantastico. Si puo’ immaginare cosa venga fuori davanti a una pinta di buona birra.

Come non essere grati dopo una giornata cosi’? Riconosco che l’elemento fondamentale che rende una giornata cosi’ preziosa e’ l’elemento dell’incontro. Lo stare assieme e il condividere. Mi sono reso conto, confrontando con le giornate precedenti, quanto io dipenda per il mio benessere da questo elemento.

Allora guardare in alto e ringraziare per quando viene dato.

In ogni caso, anche dalle giornate a testa bassa c’e’ da imparare, anzi, quando viste dalla prospettiva positiva di oggi, c’e’ molto da imparare.

Mi dispiace di non essere riuscito a scrivere molto di recente, ma i saggi e la tesi mi hanno assorbito tutte le ore. Finalmente ho finito la tesi di laurea in fisica almeno, ed e’ ormai in viaggio verso l’Italia.

Avrei un po’ di cosette da raccontare dalle ultime settimane, e spero di poterle tirar fuori nei prossimi giorni, a patto che siano ancora autentiche.

Intanto un saluto a tutti. Mandi!