domenica 14 dicembre 2008

Fine primo tempo

Oggi e’ il mio ultimo giorno a Londra, prima della pausa natalizia. Saro’ in Italia dal 14 Dicembre al 12 Gennaio. In teoria durante questo periodo non ci saranno “Reports from London”, a meno che non senta l’urgenza di aggiungere qualche riflessione retrospettiva.

Naturalmente ci sono tante cose di cui non ho parlato, vuoi per pigrizia, o per mancanza di attenzione, o perche’ non erano appropriate per un blog. Non si puo’ trattenere tutto del nostro passato, anche se alle volte e’ una forte tentazione.

Il blog e’ stato uno strumento utile, che mi ha aiutato nella riflessione e mi ha permesso di fissare qualche pensiero o qualche situazione che altrimenti sarebbe forse stata lavata via con piu’ facilita’ dal tempo che passa. Il blog ha fatto quindi il suo lavoro.

Ieri ho riletto qualche post dei primi giorni e mi e’ sembrato di aver fatto un po’ di strada.

Volevo ringraziare tutti quelli che hanno letto perche’ senza avere voi in mente ha molto meno senso scrivere, o scrivere cosi’. E ringrazio anche chi ha partecipato, per la presenza costante, l’interesse, l’originalita’ e il prezioso supporto che mi avete dato.

***

Quest’ultimo post e’ dedicato alla normalita’. Ho notato che quasi tutti i post sono stati dedicati a qualcosa di particolare o rilevante che mi e’ successo. Ora invece mi sento di fare una lista spontanea, quasi a mo’ di `flusso di coscienza’ per onorare la quotidianita’, il dettaglio, la normalita’ della mia vita a Londra, da mattina a sera.

Il tastino piccolo della sveglia-telefono, le case identiche dall’altra parte della finestra, il bollitore del te’, la sgambata per montare sulla bici altissima, i primi movimenti nel freddo, la vista sul parlamento pedalando lungo il Tamigi, l’orologione del Big-Ben che dice quasi sempre tardi, gli avvocati su e giu’ taxi, la corte di giustizia, la lucetta verde che da accesso alla biblioteca, il ricaricatore delle tessere-fotocopie, il login del King’s sugli schermi Trinitron, i corridoi e le aule di Birkbeck, la stanchezza degli ultimi 10 minuti di lezione, i pasti di corsa e a ogni ora, gli sms per trovarsi, i saluti, le chiacchierate nel freddo, le risate con Vincenzo, il sollievo delle emails, il copri-zaino fosforescente, il click-click dei fari della bici, le pozzanghere, le luci della notte viste dal ponte, il supermercato con la voglia di andare in bagno, le pizze per il lunedì, Nikki e Adan sul divano, Marika in vestaglia, le news delle 10 se sono fortunato, il parlare tranquillo della sera, l’illusione di una serata infinita, l’imbarazzo della scelta, la fatica e il bisogno di pregare, il libro finale, i tastini della sveglia telefono.

Un saluto a tutti.

sabato 13 dicembre 2008

Gli Zombies di Kripke

Questa volta pensavo di aver scritto un saggio debole e disorganizzato, invece e’ andato benissimo. Comincio a dubitare che dalla filosofia ci si debba aspettare la stessa obiettivita’ della matematica…

E’ un saggio sulla possibilita’ degli zombies, ispirata alla filosofia di Kripke, cioe’ ipotetici esseri che sono esatte copie materiali di un essere umano ma non hanno coscienza. Gli zombies sono uno strumento filosofico per aiutare a ragionare sul problema della coscienza. Se gli zombies sono possibili allora il materialismo, la dottrina che ritiene che la coscienza non sia altro che attivita’ cerebrale, e’ in difficolta’.

In realta’ il mio saggio e’ un po’ piu’ specifico: e’ una riflessione sulla differenza fra la possibilita’ degli zombies e la pensabilita’ della possibilita’ degli zombies. Se gli zombies sono possibili allora il materialista deve ridifendere tutta la sua teoria, se gli zombies sono invece solo pensabili come possibili, allora il materialista deve solo spiegare come mai siamo tutti intuitivamente dualisti.

Come sempre, per chi volesse, la mattonella e’ qui:
http://www.mediafire.com/?sharekey=9fba2c94dec0e90ed2db6fb9a8902bda

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Purtroppo questa volta non c’e’ un racconto da un party post-tutorial nella Londra-bene con tanto di vin- brule’. Non ci si puo’ ripetere… Ne ho combinate delle altre, ma mica le metto tutte qui, se no!?

Ah, pero’ la Geraldine, ci ha riservato un'altra sorpresa: ha offerto a tutti noi che eravamo andati al party a casa sua un biglietto per uno spettacolo a teatro, come regalo di Natale. Incredibile, no? Mi ha commosso molto questa sua generosita’. Evidentemente il Van Gogh in casa glielo puo’ permettere, ma che grandezza poter vivere cosi’ la ricchezza, nella condivisione.

Bertrand Russell

Per me, uno dei piaceri piu’ sublimi alla fine di una giornata di studio, e’ in un certo senso studiare ancora, ma piu’ dolcemente, come ascoltando un maestro raffinato che parla dopocena e non interroga.

Uno di questi maestri e’ Bertrand Russell. Non c’e’ piu’, ma lo si puo’ incontrare ancora, basta lasciargli un po’ di tempo prima di dormire.

Mi avevano regalato la sua “Storia della Filosofia Occidentale” qualche anno fa, e ne avevo lette diverse parti con grande interesse, ma leggerlo ora e’ ancora meglio.

Betrand Russell e’ uno dei filosofi inglesi piu’ importanti del novecento, e qui e’ in veste di storico della filosofia. Russell offre una lettura ragionata e personale di tutta la storia della filosofia, mostrando come la storia del pensiero e delle idee sia collegata alla storia dei fatti politici e dei cambiamenti sociali. Per esempio un grande tema di fondo e’ il rapporto fra coesione sociale e liberta’ individuale, e di come questo si sovrapponga al rapporto fra religione e scienza nel corso dei secoli.

Ma il libro e’ anche molto di piu’ di una storia del pensiero, e’ una vera opera filosofica, perche’ ogni autore, non importa quanto antico, viene messo alla prova della filosofia analitica contemporanea, di cui Russell e’ stato un nobile esponente.

Leggendolo, si ha veramente l’impressione di stare davanti a un grande uomo. E quando si riconosce questa eccezionalita’ si e’ disposti a sedersi umilmente e curiosamente ai suoi piedi ad ascoltare. E’ peculiare la disponibilita’ intellettuale che si accorda a una riconosciuta autorita’. Dei miei preferiti, solo George Orwell e’ al suo pari come potenza analitica e originalità di pensiero nella prosa inglese moderna.

Quello che mi fa impazzire di piu’ sono le aperture riflessive che arrivano inaspettate, magari nel mezzo di una prosa densa e tecnica. Per esempio, consederando la proposta della Repubblica di Platone che una societa’ sia governata da un’elite di filosofi, produce una critica alla realta’ politica (sua contemporanea) della Germania di Hitler e della Russia di Stalin.

Ancora, commentando la scena del Fedone quando Socrate arriva alla sua ultima ora e raccomanda ai suoi di prediligere alla cura del corpo quella dell’anima (avendone appena dimostrato l’immortalita’), Russell fa una spettacolare digressione su come una certa lettura della soppressione degli appetiti della carne in ambienti cattolici abbia favorito lo sviluppo del forse piu' diabolico appetito per il potere. [Russell era un convinto ateo e antireligioso]

E’ inutile, non posso far giustizia alla profondita’ di queste digressioni in due parole. Ma forse quello che mi appassiona di piu’ sono i suoi “one liners”, le agghiaccianti sintesi di una riga che catturano in modo vivido i concetti delle pagine precedenti. Per esempio, su Aristotele, dopo aver senza timore ridimensionato la sua importanza nella storia della filosofia, candidamente ammettendo che "quasi ogni riga della sua `Fisica' e' falsa agli occhi di uno scienziato moderno", dimostra che in realta’ la differenza con Platone riguardo la teoria degli universali non e’ poi cosi’ vasta come si vuole credere, e conclude: “Aristotle metaphysics, roughly speaking, may be described as Plato diluted by common sense” [La metafisica di Aristotele, per dirla grossolanamente, puo’ essere descritta come Pltone diluito dal senso comune].

Non trovate rinfrescante potersi esprimere con termini cosi’ semplici e diretti, senza bisogno di fare tanto fumo con l'uso della lingua? E’ ormai certo: chi capisce le cose puo’ permettersi il lusso di parlare semplice. Ma e’ ancora piu’ divertente come continua: “He (Aristotle) is difficult, because Plato and common sense do no mix easily” [Aristotele e’ difficile perche’ Platone e il senso comune non si mescolano facilmente]

Ce n’e’ quasi ad ogni pagina. Criticando Platone di aver costruito una filosofia che rispecchia la sua pre-visione etica ed estetica del mondo, piuttosto che rimanere fedele ai fatti osservabili, dice di lui, dopo aver dimostrato come il mondo trascendente di Platone sia servito alla Chiesa per parlare dell’aldila’: “As a man, we may believe him admitted to the communion of saints; but as a philosopher he needs a long residence in a scientific purgatory” [come uomo possiamo considerarlo ammesso alla comunione dei santi, ma come filosofo ha bisogno di una lunga residenza in un purgatorio scientifico]

Verso Kant nutre una rinfrescante irriverenza. Dopo aver fatto notare quanto Kant debba essere stato un uomo molto grigio e noioso che non ha mai lasciato Konigsberg in tutta la sua vita e non si e’ mai sposato, cita un articolo dell’enciclopedia britannica dove invece l’autore sembra approvare l’austera condotta accademica del grande tedesco: “as he never married he kept the habits of his studious youth to old age” [visto che non si e’ mai sposato, ha mantenuto le abitudini della sua studiosa gioventu’ fino a tarda eta’] e Russell si chiede con finta innocenza: “I wonder whether the author of this article was a bachelor or a married man” [mi chiedo se l’autore di questo articolo sia stato un “vedran” o un uomo sposato].

Infine, fantastico, criticando il movimento romantico per aver sbandato verso eccessivo soggettivismo ed estetismo, ci ricorda: “Tigers are more beautiful than sheep, but we prefer them behind bars” [le tigri sono piu’ belle delle pecore, ma le preferiamo dietro le sbarre] – mi intriga quel’uso della prima persona plurale, quasi a cercare il consenso, a quanto pare scontato, del lettore.

Il mio ce l’hai Bertrand, tranquillo.

mercoledì 3 dicembre 2008

Come non capire Donald Davidson e rilassarsi in High Street Kensington

Per chi fosse abbastanza pazzo, questo e' il link per scaricare il mio secondo essay:

http://www.mediafire.com/?sharekey=9fba2c94dec0e90ed2db6fb9a8902bda

E' un essay con un interpretazione errata della filosofia dell'azione di Davidson. Cosi' ho scoperto durante la discussione (molto interessante) col mio tutor. Appunto, bisogna essere proprio pazzi per leggerlo.

Lo metto soprattutto per me, perche' fra 10 anni, quando non ci saranno piu' hard-disk personali, ma tutta la nostra proprieta' digitale sara' disponibile in linea, forse questo e' l'unico modo per rileggere quello che scrivevo.

Ho lavorato molto per questo essay, cercando di sbrogliare il pensiero di Davidson a riguardo del problema delle cause dell'azione umana, ma con esito negativo.

Davidson e' uno dei piu' importanti filosofi della seconda meta' del novecento. Ha introdotto sulla scena la filosofia dell'azione. Cioe' l'analisi dell'azione umana in termini delle sue cause e in relazione alle facolta' della mente di determinare l'azione stessa.

Alla fin-fine Davidson dice qualcosa di molto semplice e molto vicino all'intuizione comune, cioe' che le ragioni per un'azione costituiscono la causa di quell'azione. Pero' lo stabilisce in modo rigoroso e consistente con la teoria dell'equivalenza di mente e cervello.

E' molto interessante, ma i suoi scritti sono famosi per essere tremendamente oscuri...


***

Invece, molto piu' interessante e' stato il party che ha seguito questa giornata di incomprensioni filosofiche.

Nonostante ci fossimo visti spesso, avevo conosciuto Gerardine propriamente solo ieri, passeggiando in compagnia fra una lezione e l'altra. E mi ha invitato per stasera.

Un'ottima serata con dei compagni di corso a casa di Gerardine, che, nonostante l'apparenza fuorviante, risulta essere una signora cinese sposata con due figli di 21 e 19 anni! Eccezionale! Eravamo in una bellissima casa, con camminetto acceso e cibo delizioso, e tanto di Van Gogh originale, in High Street Kensington, una delle piu' ricche e signorili aree di Londra.

La lemon tart era proprio squisita.

Piu' andava giu' il vin brule' piu' fluivano i discorsi sui grandi filosofi, fra noi piccoli filosofi.

Quante cose strane succedono. A casa di Gerardine, col Van Gogh sul muro... Chi l'avrebbe mai detto. E guardare sua figlia che torna a casa tardi e ha un'intesa speciale col ragazzo che siede vicino a Gerardine, evidentemente il suo ragazzo, ma questa trama rimane segretamente velata, in secondo piano, rispetto a quello che si dice a voce alta.

Poi guardo il bellissimo Scott, ancora con la cravatta su', dopo la giornata di lavoro come insegnante a scuola. Lui e' uno dei tanti che lavorano e studiano per questo Master.

Bello. Un'altro vin brule'.

E' ora di andare. Mi lancio in bicicletta per la bellezza della West London. Fa freddo, ma che bello. Ho 40 minuti per pensare.

BANG! Sbusaat! Ah ah! Di nuovo bucato, come due giorni fa. Solo che adesso sono a piu' di un'ora di bus da casa. E va beh... dopo una giornata cosi'...

venerdì 28 novembre 2008

Estratti dall'aula

Una delle materie che mi ha messo piu’ alla prova con materiale nuovo e’ la filosofia della mente dove, come gia’ altre volte accennato, si ragiona sul rapporto fra mente e cervello.

Come si puo’ combinare la nostra fisicita’ (che e' regolata da leggi), con l’esistenza della mente (che e’ in grado di determinare azioni libere)? Siamo naturalmente abituati a pensare alla mente come qualcosa di distinto dal cervello. Ma allora com’e’ possibile che la mente causi le nostre azioni fisiche, quando allo stesso tempo siamo disposti ad ammettere che gli stati fisici hanno cause puramente fisiche?

Per chi fosse interessato, il mio primo saggio potete scaricarlo qui:

http://www.mediafire.com/?sharekey=9fba2c94dec0e90ed2db6fb9a8902bda
(scusate, c'e' un problema tecnico con il link: copiate queste due righe e unitele e incollatele sulla barra dell'indirizzo del vostro browser)

Si tratta di un analisi critica di un argomento che stabilisce l’indentita’ fra mente e cervello basato sul rapporto causale fra stati mentali e stati fisici.

Altre materie hanno implicazioni pratiche piu’ dirette, come l’etica. Per esempio abbiamo avuto una sessione di etica applicata dove abbiamo confrontato la questione sempre tesa e difficile dell’aborto. Io non sono forte su queste questioni. Mi muovo meglio fra neuroni e idee, che fra cellule e vita.

Trovo che sia anche molto difficile liberarsi dai pregiudizi da cui si proviene. Da un lato e’ normale e non problematico che ci siano pregiudizi (soprattutto se giusti…) – abbiamo bisogno infatti di essi per ridurre un po’ la complessita’ della vita. Uno non puo’ mettere in discussione sempre tutto, come se ripartisse da capo, davanti a un nuovo problema, sarebbe assurdo.

D’altro canto, comunque, abbandonare il pregiudizio e’ un’operazione che mi trovo a fare spesso per poter vedere piu’ a fondo la posizione dell’altro, su quali assunti si basa, che movimenti argomentativi sta facendo, e poter ragionare quindi con piu’ potenza.

Mi chiedo spesso pero’ se il mio ragionare voglia gia’ arrivare a una destinazione gia’ decisa prima di iniziare il viaggio argomentativo. Questo e’ un bel problema. Quanto liberi siamo nel ragionare? Quanto invece vogliamo rendere conto a un’autorita’ esterna, se non proprio all’autorita’ della nostra identita’?

Per esempio, quanto capace sono veramente di giudicare il problema dell’aborto in modo spassionato e quanto invece pregiudico la questione a discendere dalla mia identita’ cattolica? Oggi ho avuto il piacere di essere in edificante difficolta’ dibattendo con una compagna di corso – una temibile femminista radicale - fra gli scaffali della libreria Waterstone. C’era rischio che i volumi prendessero fuoco con le scintille.

Se portare sul blog delle questioni che escono dall’aula puo’ interessare o far piacere, potrei tentare di farlo. Anche le altre materie hanno tanta bonta’ in serbo, come si fa a non condividere questa ricchezza?

Studium

Lo studio decisamente domina la mia settimana, come e’ giusto che sia. (i miei sponsor potrebbero leggere il blog…).

Sto studiando Etica, Epistemologia, Filosofia della Mente, Filosofia della Religione, Metafisica, Logica, Platone e Aristotele.

Il corso conferma pienamente le aspettative, e lo studio e’ davvero molto gratificante. L’approccio e’ basato sui problemi aperti e correnti nelle varie discipline, quindi si e’ coinvolti direttamente nel vivo del dibattito attuale. Chiaramente le nozioni classiche vengono sempre richiamate, ma l’obiettivo e’ fare filosofia, non tanto storia della [una brutta espressione che lascio apposta per infastidire qualcuno…eh eh!]. Il tutto e’ immerso nella tradizione analitica della scuola anglo-americana, quindi la trattazione dei temi e’ rigorosa, puntigliosa, le argomentazioni molto strette, tecniche. Uno stile che mi si addice, o meglio che fa piacere pensare che mi sia adatto, ma che sicuramente mi da filo da torcere.

Per ogni materia ci si prepara alle lezioni leggendo testi e articoli, le lezioni poi integrano il materiale rendendolo rilevante e interconnesso. Ci sono spesso occasioni per intervenire e dibattere durante le lezioni. Si va da un minimo di 10 a un massimo di 40 studenti per materia. In parallelo si preparano dei saggi brevi di una decina di pagine per mettersi alla prova, e si discutono personalmente con un tutore. Durante l’anno dobbiamo scrivere 9 saggi in tutto, divisi per materie.

Ancora non mi sento intellettualmente cambiato. Ma e’ una bellissima sensazione vedere come le nuove conoscenze si ammassano lentamente, tentando di integrarsi in quell’unicum di speculazione che e’ la filosofia, e andandosi a posare su quella melassa, quel potpuorri di altro che c’era gia’ nella mia cabeza.

Ripresa

Visto che non ho scritto molto nell’ultimo mese, vorrei raccontare un po’ come stanno andando le cose sui diversi fronti della mia esperienza a Londra. Questo post e’ un’introduzione con un commento generale, poi seguiranno dei post piu’ specifici.

Mi sto avvicinando alla fine del primo terzo del Master, quindi e’ anche un buon momento per cominciare a fare qualche riflessione di bilancio.

Le due dimensioni dominanti della mia vita qui a Londra sono decisamente lo studio e la meditazione. Cioe’ l’azione e la contemplazione. Cioe’ la vita esteriore e quella interiore. Cioe’ i fatti vissuti e gli stessi fatti interpretati.

Questo dualismo mi fa pensare (anche con un po’ di ironia per l’ovvia esagerazione) alla formula monastica `ora et labora’, che coglie in modo bello e sintetico l’equilibrio fra queste due essenziali declinazioni dell’esistere. Mi sembra che questo dualismo generi una dinamica sana per la vita.

Ma come potrebbe essere altrimenti? Non e’ solo una questione di religione intesa come ritualita’, ma piuttosto di fedelta’ al reale. In fondo scopro che religione vuole proprio dire fedelta’ al reale, legame con il senso dei fatti della propria esistenza.

Orietta & Westminster

Per dare sostanza alle imprevedibili associazioni di idee proposte dal Papa'.
(vedere commenti al post "Battersea Power Station")

venerdì 14 novembre 2008

Battersea Power Station



Mercoledi' sera pedalavo in bicicletta lungo il Tamigi, di ritorno da una lezione di Filosofia della Religione presso il collegio teologico-filosofico di Heythrop.

Ero assorto nei miei pensieri, ignaro della mia posizione esatta sulla cartina di Londra, quando vedo emergere sulla destra la stupefacente e spaventosa immagine della Battersea Power Station.

E' un edificio che mi ha sempre ispirato terrificante meraviglia, per il suo riferirsi in modo sia diretto che simbolico all'era possente e concreta della rivoluzione industriale, che odora di carbone e sporca il cielo di fumo.

Ma come se non bastasse gia' questa poesia di riferimenti, come alcuni di voi riconosceranno, la Battersea appare anche sulla copertina di un album dei Pink Floyd, Animals, da noi spesso riverito negli anni della passione per il prog-rock e altre sognanti sonorita'.

L'alchemia di questi due contributi, unita alla sorpresa per questa inaspettata apparizione mi ha inchiodato a contemplare la scena per diversi minuti, riportandomi a una spontanea dimensione contemplativa della realta' che era assente da settimane.

Non e' sempre facile vivere un rapporto leale col reale. Si finisce per essere trasportati dai fatti, senza la lucidita' o la volonta' per discernerli.

La vita qui continua a essere estremamente interessante, sia nei successi che nei fallimenti.

mercoledì 22 ottobre 2008

Rock'n'Roll

Come fare a ballare in una sola sera con una Giapponese, un Indiana, una Cinese, un’Africana, una Francese, e due Inglesi? O si e’ un latin lover di gran classe e anche in gran forma (forse solo Michele Venuto potrebbe farcela) ma sicuramente non e’ il mio caso, oppure si va alle lezioni di ballo latino-americano del King’s College! Ci sono 8 maschi e 20 ragazze, la statistica delle permutazioni fa da se’! Assolutamente fantastico. Mi sono divertito troppo! Credo che lo faro’ un appuntamento fisso del martedi’ sera. Ho fatto proprio bene a mollare filosofia della scienza che intralciava con il ben piu’ fondamentale corso base di ballo… Inizialmente pensavo di essere entrato nel gruppo di ballo liscio, perche’ volevo tornare in Friuli e far vedere a Miriam dei progressi. Invece si trattava di Rock’n’Roll classico!

Altro che metafisica. Prima di partire per Londra ho avuto una bellissima conversazione con il mitico bibliotecario di Majano, filosofo di formazione. Fra una pipata e l’altra, parlando di cose alte e nobili mi disse: se hai una pretesa di conoscenza sul mondo non sperare di soddisfarla con la metafisica. Lui si riferiva alla mistica come piu’ valida alternativa, ma devo dire che anche il Rock’n’Roll ha il suo valore euristico.

Chiudo citando Padre Mario Vit, direttore del Centro Veritas di Trieste. Un sera al centro, finiti gli intensi lavori di discussione attorno a un tema di filosofia della religione, sciogliendo l’assemblea e invitando i presenti ad andare verso il buffet ebbe a dire: “Bene signori, passiamo ora dalla mistica alla mastica.”

lunedì 20 ottobre 2008

Philosophical (English) humor

Visto che l'ultimo post era un po' intenso (forse i fratelli Faleschini la chiamerebbero "un'accelerata teologica") - ma si sa', se si scrive dopo le 11 di sera viene fuori di tutto... stempero un po' i toni con una barzellettina filosofica.

Due filosofi dialogano.

A - Fai una predizione sull'andamento della crisi economica.
B - Non ho idea.
A - Ma questa non e' una predizione!
B - Non avro' idea.

[scambio realmente avvenuto lo scorso weeked a Cumberland Lodge durante un dibattito pubblico]

domenica 19 ottobre 2008

Il divino e' nell'eccezionale

Questo fatto e’ piuttosto personale, ma ve lo voglio raccontare lo stesso, tanto ormai…

Qualche sera fa ero in uno stato pietoso. Tutta la giornata aveva avuto un peso insopportabile. Quello che mi tirava giu’, come spesso accade, era la percezione che le persone con cui ho a che fare siano irraggiungibili per intelligenza, capacita’, esperienza. Mi sento spesso come se mi mancasse qualcosa di essenziale che gli altri hanno. [nota per gli esperti di Enneagramma (ben piu’ di qualcuno fra i lettori… anzi saluto Francesco e Serena, i maestri della disciplina): la tipica invidia del numero 4.] Ero uscito bastonato da un seminario. Quasi tutti gli altri studenti qui sono madrelingua e hanno studiato a Oxford o Cambridge. Non e’ sempre facile tener testa. Non che si debba farlo, ma col mio carattere e’ dura resistere… Insomma mi sentivo giu’ per questi motivi in fin dei conti molto egoistici, come se tutte le grazie che ho ricevuto dalla vita non siano abbastanza…

So’ che se mi sento avvolto dalla depressione, faccio fatica ad alzarmi al mattino e inizio male la giornata. Cosi’, fra le tante cose ben piu’ poderose su cui riflettere durante la preghiera della sera, ho aggiunto una piccola richiesta di essere aiutato ad alzarmi. Poi mi sono addormentato dopo aver letto solo qualche pagina Haruki Murakami.

Al mattino suona la sveglia-cellulare. Premo “Spegni e attiva cellulare” e dopo un po’ arriva un messaggio. Mi scrive una ragazza che ho conosciuto in Uganda, che non sentivo da circa un mese. Ci scriviamo ogni tanto, ma di certo non c’e’ regolarita’ e sicuramente non sapeva niente di come sto’ io a Londra. Il messaggio era una specie di allegra filastrocca che si dice a qualcuno per svegliarsi, con un incoraggiamento a prendere in modo leggero e positivo la giornata.

Illuminato e rasserenato profondamente da questo messaggio, diradata la nebbia dell’insicurezza, la chiamo spiegando la rilevanza del suo messaggio e poi lei mi chiede di spiegarle cosa mi rende insicuro. Lo faccio, andando oltre al problema piuttosto poco importante del sentirsi inferiore agli altri, entrando invece nella dinamica ben piu’ caotica del sentirsi inferiori a se stessi, che e’ spesso una delle forme che prende il `senso di colpa sistematico’. Lei procede con un incredibile, profonda, umanissima spiegazione del perche’ ci si sente cosi’ e del come orientarsi per stare meglio. E di come sia profondamente piu’ cristiano avere uno sguardo piu’ benevolo verso se stessi. Tutto questo alle nove e mezza di mattina. Cose dell’altro mondo?

Riflettendo a posteriori mi sono ricordato di alcune osservazioni dei padri gesuiti agli esercizi e di cose dettesi con Mattia o alla Scuola di Comunita’, cioe’ che il segno del divino e’ l’eccezionalita’. Cioe’ ti accorgi che c’e’ un’eccezionalita’ che ti attrae. Il Signore fa cose nuove, si inventa cose nuove, anzi meglio “fa nuove tutte le cose” (Ap 21,5). Mentre il maligno con le sue tentazioni e’ di una noia mortale, si ripete sempre. Le `tentazioni’ che ci fanno cadere sono sempre le stesse! Ecco un buon trucco per riconoscere chi ci parla: novita’ attraente o ripetizione? E’ chiaro che questo e’ un test che da solo puo’ ingannare, ma assieme ad altri elementi direi che puo’ aiutare a discernere…

(chiedo scusa a chi non e’ a suo agio con questo linguaggio un po’ medioevale: maligno, tentazione… immagino l’incommensurabile distacco di Nicola, ma anche il suo sorriso - sono parole tecniche che vanno bene per esprimersi, ma credo che l’essenza di quanto si dice qui valga anche secolarizzando un po’.)

Poi ripensando a questo fatto del messaggio mi sono ricordato di altre conversazioni avute con Riccardo e di intuizioni da lui ricevute. Lo “spreco” come segno del divino. Una parola forte ma che voglio usare in modo stretto, tecnico. Il Signore sa `sprecare’ nel suo dare. Da’ in abbondanza. Molto di piu’ e molto piu’ in la’. Cioe’ mi ha colpito di essere stato aiutato in questa piccola e misera debolezza: non nel trovare una risposta a una domanda sulla vita, ma nel fare fatica a svegliarsi! Riccardo aveva notato lo “spreco” contemplando la natura (e credo leggendo la Genesi). Si chiedeva, in un estasi per la natura che io nella mia durezza per il mondo vegetale non mai ho avuto: perche’ tutta questa abbondanza, perche’ tanta diversita’ e tanta ricchezza nelle specie di alberi, nei tipi di foglie? Non e’ forse uno spreco questo per noi che siamo abituati a misurare tutto a nostra misura? E passeggiando per Padova mi mostrava foglie dai rami… (forse una delle poche passioni che non condividiamo, assieme forse al “sausage with mushed pees” - l'insaccato nucleare con puree' di piselli servito alla mensa universitaria di Manchester)

Spreco. Nel Cantico dei Cantici (1, 4) il nome dell’Amante/Signore e’ “profumo versato”. Come da un vasetto che si rompe. Sprecato. Che e’ metafora della resurrezione. Che sia la stessa immagine?

sabato 18 ottobre 2008

Cumberland Lodge

Lo scorso weekend il Dipartimento di Filosofia ci ha portato a passare un weekend residenziale in campagna, tutti assieme, studenti, ricercatori e professori. Eravamo a Cumberland Lodge, una vecchia residenza di caccia nel grande parco reale di Windsor, il castello della Regina. Bisogna che proviate a immaginare la quintessenza della English Countryside. Un bosco ampio e remoto, i colori dell’autunno sulle foglie, i prati verdi, la residenza isolata nel bosco, i ritratti della famiglia reale e degli ospiti illustri della Regina, i caminetti ampi nei saloni, libri rilegati all’antica sui muri, l’odore di legno, il rumore leggero dei passi sulla moquette… chi ha letto Sherlock Holmes – Il Mastino dei Baskersville potrebbe avere la giusta immagine in mente.


Il weekend consisteva in lezioni da parte di professori e studenti su temi non classicamente accademici, ma trattati con approccio filosofico. La filosofia delle immagini fotografiche, la poesia come apertura conoscitiva sul mondo, la problematicita’ delle democrazie liberali che operano riduzioni di liberta’ personali o civili per proteggere valori ritenuti fondamentali (e qui ho pensato molto ad Alberto che ci ha fatto scuola per anni sulla difficolta' di un sistema che si deve affermare come assoluto, ma contemporaneamente valorizzare la diversita'). Molto, molto rinfrescante. E dopo ogni intervento un dibattito. Una nota particolare, ma interessate: per norma `etica’ erano gli studenti piu’ giovani ad avere il diritto di parlare per primi affinche’ non vengano soffocati da chi ha piu’ esperienza. Pensate. Un piccolo gesto (come tanti altri che costituiscono questo sistema educativo veramente inclusivo e rispettoso, oltre che di eccellenza) che testimonia l’attenzione per tutti ed evita l’abuso delle gerarchie.

Sabato sera, prima del party, c’e’ stato anche un quiz filosofico al bar, dove studenti e professori giocavano in squadra assieme. Incredibile vedere Papineau, il capo del dipartimento, divertirsi seduto per terra con una birra in mano. Poi chiacchierando con lui ci siamo un po’ addentrati nel problema filosofico che mi interessa, determinismo e liberta’ nel mondo fisico, nell’azione umana, nel rapporto Dio-creature. Con lui sto seguendo un corso sulle cause dell’azione umana. Alla fine mi ha invitato ad un colloquio la prossima settimana – questa volta senza birra e con il mio saggio in mano – per approfondire. Veramente una bella opportunita’.

Uno degli interventi che mi ha stimolato di piu’ e’ stato quello di un dottorando italiano che tentava un esame scientifico delle credenze religiose. Non entro in quei dettagli, ma lo spunto per me e’ stato quello di pensare alla differenza fra i processi di giustificazione di un credo scientifico e di un credo religioso. `Conoscere’, nel senso tecnico ai cui sto venendo qui educato, significa avere una credenza vera ed essere in grado di giustificarla. La giustificazione scientifica passa attraverso la verifica sperimentale, la riproducibilita’, la possibilita’ di descrivere e predirre fenomeni simili con una teoria, eccetera. Nel caso del credo religioso, o credenza religiosa, come avviene la giustificazione?

Mi sono ricordato delle lezioni fondamentali sulla dinamica della fede acquisite alla Scuola di Comunita’ di Comunione e Liberazione al Sincrotrone di Trieste. Nella dinamica della fede si acquisiscono delle verita’ attraverso la testimonianza. Vengo a conoscenza di qualcosa di vero attraverso la testimonianza di un testimone la cui attendibilita’ ho verificato con la ragione e con l’esperienza. Questa e’ una dinamica di conoscenza molto piu’ ampia, assolutamente non limitata all’ambito religioso. In verita’ e’ la modalita’ piu’ comune di conoscenza. Pensa a tutte le cose che puoi dire di `conoscere’. Quante di queste sono state da te verificate scientificamente, comprese totalmente in modo autonomo? Quante invece sono acquisite attraverso la mediazione di qualcuno? Ed e’ un modo di conoscere squisitamente razionale perche’ impiega la ragione nella sua totalità, anche se in modo diverso da come si usa la ragione per effettuare una prova scientifica. Se mia mamma mi dice: non andare a Udine dalla parte di Fagagna perche’ sono appena passata e c’e’ un incidente che blocca la strada. Ho appreso qualcosa di vero per testimonianza. Sarebbe irrazionale se andassi per Fagagna. Perche’ ho motivo di credere attraverso scrutinio razionale e comprova di affettivita’ che il mio testimone non mi trae in inganno.

Vorrei provare a scrivere qualcosa sull’epistemologia della testimonianza, cioe’ riflettere in modo dettagliato su come si acquisisce conoscenza attraverso la testimonianza. Da un lato come dinamica normale di conoscenza, dall’altro come dinamica essenziale della conoscenza per Fede. La Chiesa apostolica funziona cosi’.

Incidentalmente, questo e’ un argomento che va a fianco di altri che Benedetto XVI usa per convincere che la fede non e’ contraria alla ragione. Interpreto io: cio’ che e’ squisitamente razionale nella fede non e’ il contenuto ma il metodo. La fede infatti porta a conoscenza di cose che vanno sicuramente oltre la ragione, anche se non oltre la ragionevolezza. Tuttavia il suo metodo, la dinamica di conoscenza per testimonianza e’ squisitamente razionale. Impegna la ragione a pieno nel valutare la credibilita’ del testimone, perche’ include intelligenza, affettivita’, riflessione sulla convenienza di quello che mi viene proposto in rapporto alle mie attese, valutazione delle mie attese, di quello che voglio dalla vita.

Insomma, non e’ ora di scrivere il saggio adesso, ma mi sembra un bel tema su cui lavorare.

Ultima cosa che volevo dire sotto il capitolo Cumberland Lodge e’ che ho incontrato la Regina d’Inghilterra. Domenica alcuni di noi sono andati a Messa alla Cappella Reale nel parco e c’era la regina! Abbiamo parlato con lei, molto semplicemente, mentre camminava fuori la chiesa. Ma vi raccontero’ di questo aspetto “celebrity” a Natale, davanti a una birra. Dopotutto questo non e’ uno di quei fatti che ci interessano nel senso che intendevamo.

Unam, Sanctam, Catholicam

(et apostolicam ecclesiam). Questa fantastica sequenza di parole ha assunto un significato particolare, preciso, piu’ comprensibile di sempre, due domeniche fa. Ero a Messa alla cattolica Sacred Heart, essenzialmente la mia parrocchia, se prendo seriamente il principio di territorialità. Sacred Heart = Sacro Cuore, un ponte diretto dalla mia vecchia parrocchia a Trieste fino a qui. Stesso nome, tutt’altra cosa, ma stessa Chiesa. Dal mio banco, verso il fondo della chiesa potevo vedere solo persone nere, incluso i sacerdoti. Giuro. Non un bianco (io non posso vedermi – ora che faccio filosofia sono obbligato a fare queste precisazioni… ah ah!).

Fantastico, per la seconda volta (la prima era al ristorante dove ordini pollo e prendi montone) mi e’ sembrato vividamente di essere in Africa. Complici anche i canti con tamburi, chitarra e organo suonati assieme, e uomini e donne bellissimi con i vestiti tradizionali della festa. Mi ha veramente colpito la cattolicita’, l’universalita’ di questa Grande Chiesa che compie lo stesso gesto sia quando sono mani nere che sollevano l’eucarestia accompagnate dall’accento dell’Africa, sia quando sono mani bianche con l’accento friulano.

Grazie

Grazie a tutti per i contributi! Sono belli, stimolanti, imprevedibili. Che continuino pure cosi’, in liberta’. Come ugualmente libero si senta chi preferisce solamente leggere. Ho fatto una gran “butade” (questa volta e’ francese, non friulano…) con la storia dei fatti, e ora non so' se riusciro’ a mantenere la promessa… Diciamo che devo riscalare un po’ la pretesa e accontentarmi di raccontarvi qualche cosa in modo semplice e breve.

giovedì 16 ottobre 2008

Fatti e Misfatti

La vita va avanti qui a Londra, e acquista velocita’. Va piu’ veloce della mia capacita’ di analizzarla e ancor piu’ di scriverla.

La cosa piu’ interessante e importante e’ che la mia vita qui e’ ricca di fatti. Cosa sono i fatti? Nella prospettiva «dell’esperienza» che mi interessa, i fatti sono cose che mi succedono e che riesco a leggere in modo significativo nel contesto del mio cammino, interiore ed esteriore. Non tutto quello che succede e’ fatto. E’ fatto quello che succede e che si riesce a rileggere. L’avvenimento che lascia un segno nella coscienza. Succedono tante cose che soddisfano questa definizione. Sia buone che non buone. Sia piacevoli che dure da digerire. L’importante e’ pero’ che succedano. Come ci hanno insegnato i Padri Gesuiti: tutto serve nella vita spirituale, a patto che si voglia rileggerlo.

Puo’ essere che succedano piu’ fatti a Londra che a San Tomaso o a Trieste? In principio, direi assolutamente no. Altrimenti la vita sarebbe una fregatura. Se la costruzione di senso della nostra esistenza fosse a vantaggio di chi puo’ permettersi di fare una scelta radicale ed elitaria come venire a vivere e studiare a Londra, i conti non tornerebbero. In un certo senso sarebbe stato piu’ eroico “costruire senso” rimanendo in Friuli. Ma sicuramente le circostanze qui mi aiutano ad aprire i pori dell’esperienza e devo cercare di vivere con responsabilita’ il privilegio.

Nei prossimi posts cerchero’ di tratteggiare i contorni di alcuni dei fatti condivisibili degli ultimi dieci giorni.

lunedì 6 ottobre 2008

Sblancjisa’

Forsit l’operasion plui sodisfacent e plui ben riuscide di quant che soi a Loncje a l’e’ staat sblancjisa’ la gnove cjamare li che soi laat a sta’.

No us vevi dit, ma i ai cjataat cjase. Une di chees centenars di migliaia di cjasutes di modons roos a ie’ la me. Vedudes da l’aparecjo a son dutes compagnes, e di dongje… ancje, onestamentri.

Come quasi dutes las cjases condividudes da tante int, soredut di chiste bande da Manie, a e’ un tic fracasade e ancje avonde sporcje. Io i sarai i un pelut pedantic cul tigni’ dut net e ordenaat (cuissa’ di cui co ai cjapaat…?) pero’ insome… mi domandi cemuut che la int a rive ad aceta’ il compromes di vivi in tun cjoot. E an dai viduus di cjoots… (scusait l’argoment ma non si pos simpri fevela’ dome di lezions di filosofie)

Comunque il me cjotut non l’e’ malvagio. Par drecialu un pooc, ma cence esagera’ parce che non si pos migo deta’ lec iessint i ultims entraas, i ai deciduut di sblancjsa’ la me cjamare. I scriif in furlan parce che di quant chi i ai concepiit l’idee, fint durant dute l’esecusion, el cerneli al mi fevelave in furlan. Forse l’ativitaat dal sblancjin a solecite l’aree semantiche da marilenghe.

Insome, le ai petade avonde ben. Ancje cun t’un tocco di artist. I ai un caminet in stiil vittorian in cjamare, cal ven fuur dal muur cul la cape. I ai fat la part ca ven fuur biele rosse. E dut il rest blanc. Simpatic. Cumo’ i ai plui gust a sta dentri.

Il rest da truppe a son: une coppie maridade sui 35 (un irlandees musicist e editor di IT e une californiane ca ciir lavoor); une frute da Republiche Ceche ca lavore in tun ristorant e une Slovacche ca fas la manager di un negosi di vistiis in Oxford Street (dutes doos sui 26-28 ains) e un fenoli dal Galles (in furlal a l’e’ un termin neutro, fattuaal) ca no ai capiit inmo’ ce cal faas.

Come ca si diseve, tu cjatis un poc di dut dauur di ches puartes.

Su richiesta

venerdì 3 ottobre 2008

West Africa (passion for details)

Stasera sono tornato a casa tardi e per diversi motivi troppo complicati da spiegare non potevo entrare in casa. Cosi’, un po’ anche per festeggiare la fine positiva della prima settimana di lezioni ho deciso di andare a cena fuori. Da solo ovviamente. Ottimo.

Cosi’, senza andare troppo lontano, mi colpisce una strada anonima di questi agglomerati urbani fuori dal centro. Un po’ ruvidi, un po’ squallidi, ma anche colorati, etnici, veri. Una di quelle decine di migliaia di strade delle citta’ inglesi dove uno trova quell’improbabile sequenza di fish and chips, lavanderia a gettoni, kebab, take-away chinese, edicola, macelleria halal, negozio aperto 24 ore con alcolici e articoli vari, e ancora kebab.

Nel mio caso, c’era anche un ristorante con specialita’ dell’africa occidentale e gestione ganese. Lo scelgo. Ci sono due tavoli. Presso uno c’e’ una donna ganese di schiena tutta trecce e ormamenti che parla con la proprietaria al banco. Non e’ chiaro se si possa entrare. Sembra una situazione privata. Invece la proprietaria, elegantissima con vestito intero grigio, molto calorosamente mi mette a sedere con grande gentilezza, mi da subito qualcosa da leggere e mi chiede cosa desidero, che e’ un modo molto diverso di dare semplicemente un menu da leggere. Sono subito messo a mio agio da questa gentilezza.

C’e’ un peculiare e misterioso mix di maternita’ e seduzione nell’atteggiamento di molte donne africane, che non ho osservato in altri continenti. Grazia nobile e familiare semplicita’. In tal modo rincuorato e “sedotto”, sono disposto ad accettare qualsiasi suggerimento per la cena. Da bere, birra? Ok, perche’ no, ma facciamo mezza pinta pero’… sai non bevo tanto e sono stanco… Dopo qualche secondo, quando ho appena immerso la testa nel Guardian per leggere dell’ennesima crisi finanziaria, mi arriva una pinta intera, con Elizabeth tutta sorridente.

Da mangiare ti porto ben io qualcosa di buono, dice. Un piatto ganese che faceva mia nonna. Vedrai! Devi solo scegliere se vuoi montone o pollo. Sono ottimi tutti e due. Ho del montone buonissimo. – Ma guarda, prendero’ il pollo, preferisco, dico io. OK.

Come sempre bevo la birra troppo veloce, si sa’, quando si ha sete e si e’ a fine giornata… La mente parte e i ricordi arrivano come portati da un fiume. Ripenso all’Uganda. Ho cercato di ricordare tutte le scene vissute ai ristoranti, tutte le cameriere, gli avventori, i proprietari che ho conosciuto. In particolare mentalmente ricostruisco una scena avvenuta in una piccola citta’ sul confine con il Congo, con Travis (l’ugandese capo dell’ONG) e Micheal (il teologo-psicologo canadese). Travis stava male, si temeva principio di malaria. Io mi stavo ammalando – inevitabile mangiando per giorni quel cibo, e Micheal era molto silenzioso (totalmente contrario alla sua natura) perche’ era preoccupato di non riuscire a tornare indietro in tempo per l’aereo, avevamo infatti quasi distrutto la macchina. Eravamo alla fine del nostro “viaggio di relax” e c’era fra noi un bel po’ di tensione. Stavamo in una locanda con camere. La scena attorno a noi, quasi una fotografia. Tutto quasi fermo. La cameriera me la ricordero’ per sempre. Stava in piedi di fronte a noi in silenzio. Muoveva solo le sopra-ciglia. Incredibile. Il menu consisteva nel cercare di indovinare quello che potevano avere al ristorante e osservare il responso della cameriera. Se alzava le sopra-ciglia avevano quel piatto o ingrediente. Se non muoveva niente, risposta negativa. Una macchina binaria. Eppure anche li’, seppur in extremis, c’era grazia e familiarita’…

Sono interrotto nei miei pensieri dall’arrivo del mio piatto, con Elisabeth trionfante: montone! Perfetto, penso, sono dentro una barzelletta!

Seguo la proprietaria verso la cucina, ma per chiedere dov’e’ il bagno. Lei con la stessa grazia e gentilezza di sempre mi dice: ma certo, eccolo qua proprio dietro di noi! E apre per me una porta che da’ su un locale di un metro per un metro: una doccia. Surrealismo totale. Non so cosa fare, vorrei lavarmi le mani, ma la cornetta e’ tutta attorcigliata sul supporto… c’e’ una varieta’ di liquidi per pavimenti sul piatto doccia. Sono esitante. Arriva Elisabeth che semplicemente apre il rubinetto in piena. Mi aspettavo un disastro di schizzi, invece quella posizione apparentemente caotica della cornetta e’ ottimale e lascia cadere un flusso perfetto per lavarsi. Molto meglio di tanti lavandini ai ristoranti. Genialita’ africane. Ordine dal disordine. Soluzioni semplici coi mezzi a disposizione.

Torno al tavolo tutto contento. Che montone ragazzi!

Ipotesi, premesse, tesi


Sono entrato nell’universo meraviglioso delle lezioni di filosofia. Finalmente. Dopo 12 anni di attesa. Meritata attesa. Ricca attesa. Finalmente l’incontro accademico con la grande madre del pensiero. Metafisica, epistemologia, etica… il cielo stellato e la legge morale di Kant, i personaggi dei dialoghi di Platone, le sedie particolari e la sedia universale, l’analisi logica delle proposizioni, il ragionar per sillogismi, le prove classiche dell’esistenza di Dio, San Tommaso…

Tutto sta tornando, sta riaffiorando dagli ancora vividissimi ricordi del liceo, dagli innumerevoli incontri, lezioni e discussioni di tutti questi anni passati a cercare altrove quello che non si trovava con gli arnesi del laboratorio. Ma tutto sta tornando anche attraverso quello che di profondo si e’ potuto capire sulla realta’ del mondo e la possibilita’ della sua conoscenza, acquisito attraverso lo studio della fisica che ha cosi’ tante domande in comune con la filosofia, o almeno le suscita.

Una settimana di profondo godimento, mettendo la punta dei piedi dentro l’acqua dei primi corsi. La prima lezione in assoluto e’ stata quella di David Papineau – un reputato filosofo della scienza - sulla filosofia della mente. Il problema era quello del rapporto corpo-mente. La domanda, questa: gli stati mentali hanno un’origine puramente fisica, oppure c’e’ altro di non fisico che li caratterizza? Una domanda classica, ma con risposte sempre in evoluzione dato l’aumentare della conoscenza nel campo neurologico-cognitivo. Ci sono due posizioni classiche. Il materialismo (gli stati mentali sono solo fisici) e il dualismo (la mente e' qualcosa di altro rispetto all’attivita’ cerebrale). Papineau scrive alla lavagna tre premesse dalle quali consegue la tesi del materialismo. Noi, dai banchi, dobbiamo rifiutare la tesi attaccando almeno una delle premesse. Fantastico. Un gioco intellettuale esilarante, e condotto con maestria e onesta’ tutta inglese. E cosi’ via per tutte le altre lezioni.

La qualita’ dell’insegnamento e’ ottima. Le lezioni sono molto interattive e basate sulla risoluzione di problemi interessanti. E come se non bastasse ci sono i seminari di ricerca, i gruppi di lettura (si leggono i testi fondamentali assieme a professori, ricercatori e studenti, attorno a un tavolo di una vecchia biblioteca nello scantinato impolverato del vecchio dipartimento), le lezioni speciali del Royal Institute of Philosophy (che quest’anno sono centrate sulla religione – domani si parlera’ del rapporto fra religione e societa’ civile, che, qui come in Italia, e’ un tema attualissimo)… La quantita’ di opportunita e’ inebriante.

Ho conosciuto qualche compagno di corso con cui continuare a parlare dopo lezione durante quei pochi passi assieme che portano me alla bicicletta e gli altri chissa’ dove. Chissa’ che fra un po’ non si continui con qualche passo in piu’, fino a un cafe’ o un pub e non ci si conosca meglio.

Per ora sono contento cosi’.

Silence - Cisza

Scusate il lungo silenzio, ma ci sono passaggi che il blog non puo’ raccontare e che vanno lasciati in custodia del silenzio. Ora mi sento di poter continuare a raccontare qualcosa.

mercoledì 24 settembre 2008

Un incontro

Dopo la Messa, come di dovere, e' stato offerto un pranzo. (digressione: La Domenica mattina in ogni Chiesa anglicana le ultime parole del sacerdode sono invariabilmente "Tea and coffee shall be served after Service, you are all welcome, especially the new comers." Mi ha sempre colpito come ogni Domenica ci si aspetti legittimamente gente nuova in quella data parrocchia. In ogni caso l'accoglienza degli Inglesi e' magistrale in queste circostanze. E la sensazione di bere te' con il latte in una stanza della chiesa - con moquette! - mentre si parla delle cose piu' strane e' unica al mondo, e credo raramente provata nel Continente).

Al pranzo deliberatamente non parlavo con nessuno, studiando la situazione dalle retrovie, senza - stranamente - provare la solita angoscia di strafare, parlare e farmi conoscere e notare.

Dopo dieci minuti col piattino in mano pero' ero sull'orlo dell'imbarazzo, mentre tutti avevano un compagno di conversazione. E non era il caso di fare un'altro giro di tramezzini. Forse si nota. E' incredibile come in queste situazioni uno senta il bisogno di integrarsi, di affermare la propria uguaglianza con gli altri. Si ha disperata voglia di omologarsi, mentre spesso si lotta per non farlo.

Sono talmente assorto che non mi accorgo che da un po' c'e' qualcuno proprio davanti a me, che genialmente mi dice, con quel delicato tono di sorpresa anche davanti all'ovvio, tipicissima inglese: "We seem to be standing next to each other, so I thought I might as well introduce myself". E' Hannah una studentessa del Master "Religion in modern society", un titolo che mi interessa immediatamente. E si articola una conversazione davvero piacevole e non del tutto banale, considerando che si e' in piedi coi tramezzini. E' stata a Taize', ha un passato in una delle chiese riformate indipendenti, ma ora cerca un rapporto piu' serio con la tradizione. Molto interessante. E vedo un certo parallelo nella mia migrazione da un certa attitudine "progressive-self-made church"...

L'interruzione del Cappellano anglicano mi da l'opportunita' dopo qualche minuto di uscire da quella dinamica e di andare a conoscere il Cappellano cattolico. E' un prete dell'Opus Dei che parla perfetto Italiano. Educato a Roma ovviamente. Mi immagino Riccardo che sorride. Ottengo un contatto per conoscere qualche Gesuita a Londra. Ma attento, mi dice, ce n'e' di piu' ortodossi e di meno ortodossi. Le sue sopraciglia mettono un accento deciso sulla prima categoria... Eh, lo so - dico - lo spettro e' piuttosto ampio nella Compagnia... ma non gli rivelo che per me questa e' una cosa molto bella.


E' tempo di andare, sto per uscire dalla stanza quando si riavvicina Hannah. Abbiamo tutti e due bisogno di un computer. E' incredibile, ma questo e' l'oggetto che uno cerca al massimo ogni tre ore, se non c'e' l'ha gia' come molti, in zaino.
E cosi' ha inizio quella scena iconica che si svolge in ogni campus del mondo: andare per la prima volta assieme a qualcuno in biblioteca. Che bello. E' la prima amica. Dei fatti semplicissimi, normalissimi, una conversazione, due passi - gesti che riempiono la quotidianita' di tutti. Ma quando sono i primi dopo un'arida solitudine, sono preziosissimi, speciali.

King's College Chapel

Siccome qui non conosco ancora nessuno, questa ve la devo raccontare a voi.
Oggi, per dare un po' di struttura a una giornata altrimenti vacua, e per marcare l'inizio dell'anno con un gesto, sono stato alla Messa di apertura dell'anno accademico, nella Cappella del King's College.

La Cappella e' nel cuore dell'edificio centrale del King's. Una posizione anche simbolicamente significativa. Infatti ho scoperto che il King's College ha un'eccezionale tradizione teologica. C'e' una comunita' attiva di accademici e studenti impegnati nel dibattito teologico, morale, filosofico. Dalla dogmatica al rapporto scienza-fede, al ruolo della religione nella societa' moderna. Fantastico contesto per approfondire le mie domande. C'e' una serie di confererenze, dibattiti, incontri, ricchissima e aperta a tutti.

Poco a poco sto scoprendo che reputazione ha il King's. E' veramente un'universita' di eccellenza (http://www.kcl.ac.uk/about/). E' la terza piu' vecchia d'Inghilterra e fra le migliori 25 al mondo secondo diversi criteri. Rigore accademico, qualita' di ricerca, innovazione, servizi, qualita' di istruzione. E queste cose si respirano. E fra poco si proveranno...

Mentre pensavo a tutto questo vaneggiando sulla gloria del mio College invece di prepararmi all'imminente Messa, tuona il suono dell'organo per il canto iniziale riportandomi al presente. C'e' poco da fare, ma la tradizione luterana-anglicana batte quella cattolica (recente) in maestosita' dei canti. Soprattutto per un ingresso trionfale. La processione di tutte le piu' alte cariche dell'universita' e' sostenuta dal suono poderoso dell'organo barocco e il canto "All my hope on God is founded" si eleva, proferito dalle gole tese di ragazze biondissime e baldi giovani ricoperti dai tradizionali mantelli, in quadrifonica armonia. Che splendore. Penso a Riccardo che piu' di tutti puo' visualizzare la scena e capire che tipo di sensazioni si provano. E' stato commovente vedere gli alti professori, il rettore, il decano cantare cosi' appassionatamente. L'umilta' di chi e' gia' grande nella scienza, ma canta la maggior gloria del Signore. Bello.

La Messa inizia, secondo il rito Anglicano. Presiede uno dei vescovi di Londra che nel sermone ci racconta un'antica storia orientale sul rapporto fra discepolo e maestro. Una di quelle storie dove i maestri sono inspiegabilmente duri e taciturni e sottopongono i discepoli a fatiche asprissime, di cui solo alla fine si capisce il senso. Gli serve per parlare del difficile percorso della conoscenza, che ci attende anche in questa universita'.

Poi c'e' stato un momento solenne, dal sapore quasi medioevale. Il decano dell'universita' (una figura religiosa che si affianca al rettore, qui chiamato `principal') ha `installato' due professori di teologia sui loro posti d'onore. (forse la parola install deriva proprio da in-stall, mettere sullo stall = la sediona del coro ligneo). In fondo alla chiesa infatti c'e' una serie di posti speciali, come di un coro ligneo, riservati alle figure di rilievo dell'universita'. Due posti vacanti sono stati occupati da due nuovi professori, di cui uno e' Revd Prof. Alister McGrath, famoso teologo di Oxford.

Vi risparmio gli altri sublimi dettagli della Messa, dai...

Ma chiudo con una strofa dell'ultimo canto, dalle antiche rime:

God is love: and he enfoldeth
all the world in one embrace;
with unfailing grasp he holdeth
every child of every race.
And when human hearts are breaking
under sorrow's iron rod,
then they find the selfsame aching
deep within the heart of God.

martedì 23 settembre 2008

Que pasa aqui?

Giornata terribile, ma con un po' di prospettiva alla sera e' addirittura divertente. Doveva essere il primo giorno all'universita' con l'importante incontro con i tutors per discutere del corso e della dissertazione. Ma mi avevano dato la lettera sbagliata con il programma per la settimana e quindi sono andato a finire alla discussione dei programmi PhD, perdendo il mio. Sono caduto dalle scale. I fanali della bici nuova non funzionano piu'. La ricerca delle case si sta deteriorando. Al mattino una orrenda piena di muffa. Ma e' quella della sera che merita l'argomento di questo post.

Una certa Viviana dal forte accento spagnolo promette un'ottima camera in zona desiderabile e prezzo molto alto - segno di qualita'... Poco prima dell'appuntamento mi fa sapere che trovero' suo padre invece di lei per mostrarmi la casa. Bene. Entro e mi accoglie Ernesto, il padre, mentre ancora si sta allacciando i pantaloni, accompagnato da un enorme doberman. E' colombiano e non parla inglese. L'unica cosa completa che riesco a dire in spagnolo: `me gusta el perro!' (perro=cane e' l'unica parola non banale che conosco in spagnolo, e lo devo al buon Roberto Raya Arretondo, il pazzo fisico messicano che era venuto a studiare a Manchester a 50 anni e mi chiamava `el perrote de la mecanica quantica' - perche' secondo lui ero bravo in quella materia e lo aiutavo con quell'esame).

La camera e' orrenda e ha due letti. Chiedo come mai c'e il secondo, c'e' forse qualc'un altro qua? Io avevo chiesto una singola. Tranquillo mi dice, lo facciamo andar via senza problemi il compagno indesiderato... Poi chiedo se lui, il padre, vivesse li' in casa. No, mi dice, vive altrove. In quel momento siamo interrotti da una nuvola di fumo che viene dalla cucina. Entriamo. Que pasa aqui? - dice Ernesto. Un pollo intero si stava bruciando dentro al forno. Ci siamo salutati nella nuvola di fumo. Fammi sapere... si te gusta la casa!

lunedì 22 settembre 2008

Mondi dietro le porte

Per ora sto ancora dormendo sul pavimento di Rana e Robin. La loro amicizia e accoglienza sono stati un balsamo contro l'asprezza dei primi giorni. Rana e' una vecchia amica da Manchester, avvocatessa per i diritti umani. Robin e' il suo ragazzo, produttore dei programmi di news della BBC Radio World Service. Ha la mia eta'. Rana e' a Manchester per un processo da lunedi' a venerdi'. Quindi i primi giorni li ho passati con Robin, quando non lavora. Robin e' molto dolce, profondo, intelligente, paziente e ci siamo trovati bene immediatamente. Ha l'acutezza dei migliori inglesi, ma una morbidezza europea. Parlando con lui ho ripreso un po' il contatto con i fatti piu' importanti che hanno segnato la storia politica e sociale inglese degli ultimi tre anni, da quando manco. Da quando sono tornato in Italia infatti non ho piu' seguito gli affari inglesi, perche' richiedeva gia' molta energia ricapire il mio paese.

In questi giorni la maggior parte delle energie e' stata incanalata per la ricerca di una casa. Ovviamente si trovano i contatti sui siti internet dedicati. Sono fatti benissimo. E non ne sono in differente. Un sito internet cosi' e' un segno di civilta' che mi rincuora parecchio, perche' rivela la grandezza del mondo che ci sta dietro. Come la radio e le poste. Non so perche', ma ho pensato a loro molto in questi giorni. Ascoltando BBC4 mentre lavo i piatti da Robin. O passeggiando per le strade della capitale del vecchio e nuovo mondo. Io non credo di essere un fanatico dell'Inghilterra. Pero' di fronte a certe realta' non si puo' che provare ammirazione verso una civilta' superiore. La radio e le poste. L'efficienza, la precisione, la qualita', la semplicita’ - la quintessenza dei servizi inglesi. Mi ricordo il commento eloquente di un parente di Susannah, ricco, colto e conservatore quando disse:"We used to run an Empire by mail from London".

La prima volta che sono venuto in Inghilterra internet quasi non esisteva ancora. Era il 98. Al polo scientifico a Trieste i computer in linea erano solo al centro di calcolo, una sala con 30 computers per tutto il campus. Si andava in rete scrivendo comandi sui terminali Unix per lanciare Netscape. Poi non si sapeva cosa fare, perche' non c'era quasi niente sulla rete e non c'era veramente motivo per andarci. Cosi' l'alloggio 10 anni l'avevo trovato cercando sugli opuscoli dell'universita' fatti arrivare dal Prof. Calucci che era l'unico ad avere un contatto con l'universita' di Manchester. Ora con pochi `click' vedi le foto delle camere che vuoi in qualsiasi zona di Londra. Ma 10 anni fa a questo punto avevo gia' un letto, ora sono ancora per terra! Tecnologia e qualita' della vita? Bisogna pensarci bene!

Cercare casa in questa citta', se ci si immunizza un po' dall'ansia di trovare una soluzione al piu' presto possibile, puo' essere un'esperienza esilarante. Dietro ogni porta che si apre c'e' un potenziale mondo da condividere. C'e' John l'australiano che vive con uno statunitense e due neozelandesi che lavorano a Canary Warf negli uffici delle banche d'investimenti dove in questi giorni si piangono lacrime amare. E vanno a lavorare con bici da corsa e mangiano guardando partite su sky e schermo al plasma. O c'e' Clare che vive con Andrew, nella normalita' dei pendolari annoiati, uniti dal destino a condividere proprio quella casa anonima dietro i binari del treno che va verso Waterloo. O ci sono quei 5 di Bonham Road, un insegnante di ginnastica, un tecnico del suono, una psicologa, una studentessa e una disoccupata che mi hanno interrogato per 30 minuti per sapere se ero compatibile con loro. Ero nervoso come a un colloquio di lavoro. L'atmosfera era quella, con una sedia vuota e gli altri davanti. (Almeno immagino che sia cosi' perche' non ne ho fatto mai uno - incredibile). L'insegnante di ginnastica mi ha chiesto come penserei di combinare filosofia e fisica. Ho tentato l'argomento su determinismo e liberta'. Non volevo esagerare per non annoiare, ma vista la domanda... Ho appena saputo che non mi hanno preso. Mi rivolgero' ai loro sindacati.

Dire si' o no a quelle porte che si aprono, o sentire il loro si' o il loro no, e' un po' come quei giochi dove si fa partire in alto una pallina che scende attraverso un reticolo di chiodi e a seconda di come rimbalza alla fine va a finire in un posto diverso. Ogni percorso un'esperienza diversa, una vita diversa. Quanto di me si conserva fra i possibili diversi percorsi? Quanto fragilmente il nostro essere dipende da quale di questi percorsi la pallina disegna? Una buona domanda per la dissertazione.

Mi richiede un po' di riflessione accettare questa inevitabilita' caotica. Fautori del proprio destino? Ma che...!? C'e' ben poco da controllare qua. Se ti arriva John, o Claire o il prof di ginnastica... cambia tutto... e non sei tu che decidi. E' una grande lezione di adesione al reale. Pero' la nostra liberta' di realizzare la progettualita' della propria vita al di la' dei dettagli caotici di piu' basso livello credo rimanga. "Credo" in senso tecnico. Tutto da dimostrare pero'.

Primi passi

E' passata la prima settimana. I primi giorni sono stati infinitamente lunghi e piuttosto difficili. Come spesso mi succede l'ostacolo piu' grande non e' nella realta' delle cose, ma nei mie processi mentali.

Il problema piu' grande all'inizio e' stato l'aver perso il senso del mio essere qui. Una sensazione esacerbata dall'asprezza dell'impatto con una citta' complessa e una vita in gran parte da ricostruire, come da ridisegnare su una tela bianca.

Perche' mi sono messo in questa condizione? Davvero voglio essere ancora uno studente? E dove portera' questa strada? Si sentira' che sono piu' vecchio di loro? Che senso ha essere ancora straniero? Chi me lo fa fare di trovare tutta l'energia necessaria per risolvere i problemi che mi aspettano? Sara' troppo dispersivo fare la lezione di ballo latino? Perche' non sono a Kampala? Come faro' a vivere nella civilta' delle case a schiera identiche, dei negozianti pachistani, delle ossessive porte antincendio, dell'umido penetrante? Perche' mi colpiscono questi dettagli e non le sue maggior glorie?

Anche se avevo dato gia' risposte almeno alle domande piu' esistenziali durante questo anno di preparazione, e' stato come se ora le risposte non avessero piu' senso.

Neppure l'iscrizione all'universita' ha suscitato alcuna reazione positiva o di entusiasmo. E' stata una mattina drammatica passata con la testa fra le braccia. Ero atterrito da questa negativita' verso ogni aspetto delle prime esperienze, dei primi passi. Non c'era un velo di romanticismo, non un segno di quella pienezza che anticipa la realizzazione di un sogno.

Conoscendo questa mia attitudine, sono riuscito ad arginarla con qualcuno di quegli strumenti di indagine interiore imparati negli ultimi anni. Quando l'autocritica e' troppo distruttiva e soprattutto ha una carattere di generalita' bisogna essere sospettosi. E' impossibile che vada tutto male. E' il segno di essere in preda a uno stato emotivo che falsa un giudizio sereno sulla realta'. Ho deciso quindi di sospendere il giudizio globale sul valore dell'esperienza per almeno 4 o 5 settimane. E di riprenderlo alla luce di fatti e non di emozioni volatili. Anche le emozioni sono fatti, e importantissimi, ma devono essere validate da riproducibilita', consistenza, adesione al reale.

Quindi mi sono concentrato piu' sui particolari pratici per la prima settimana. Che ovviamente sono tanti. Ne parlero' a breve.

domenica 21 settembre 2008

Incipit

Ciao, tento l'esperienza nuova di scrivere un diario elettronico.

Lo faccio per i due tipici motivi. (1) Dare una possibilita' a voi di essere aggiornati su fatti e pensieri che mi riguardano e (2) dare una possibilita' a me di organizzare le mie idee con quel minimo rigore richiesto quando si comunica qualcosa ad altri.

L'idea e' nata soprattutto dall'esigenza di comunicare a piu' persone interessate i passaggi piu' importanti di questa mia nuova vita a Londra. Ma vedremo se prendera' una forma anche piu' ampia.

A me non sono mai piaciuti i Blog, non li consulto quasi mai per informazioni perche' di solito c'e' troppo materiale da leggere e non e' certa l'autorevolezza di chi scrive. Pero' effettivamente fra di noi potrebbe essere uno strumento utile. Voglio vedere che dinamica si sviluppa.

Non prometto di scrivere regolarmente e non prometto di rispondere ai vostri eventuali commenti. Essenzialmente quindi questo strumento e' equivalente a una email-list, ma forse puo' riservare qualche sorpresa in piu'.

Penso anche che ci saranno contributi sia in italiano che in inglese, dipende dalle circostanze.

Bene, mandi per adesso.

Simone