mercoledì 22 ottobre 2008

Rock'n'Roll

Come fare a ballare in una sola sera con una Giapponese, un Indiana, una Cinese, un’Africana, una Francese, e due Inglesi? O si e’ un latin lover di gran classe e anche in gran forma (forse solo Michele Venuto potrebbe farcela) ma sicuramente non e’ il mio caso, oppure si va alle lezioni di ballo latino-americano del King’s College! Ci sono 8 maschi e 20 ragazze, la statistica delle permutazioni fa da se’! Assolutamente fantastico. Mi sono divertito troppo! Credo che lo faro’ un appuntamento fisso del martedi’ sera. Ho fatto proprio bene a mollare filosofia della scienza che intralciava con il ben piu’ fondamentale corso base di ballo… Inizialmente pensavo di essere entrato nel gruppo di ballo liscio, perche’ volevo tornare in Friuli e far vedere a Miriam dei progressi. Invece si trattava di Rock’n’Roll classico!

Altro che metafisica. Prima di partire per Londra ho avuto una bellissima conversazione con il mitico bibliotecario di Majano, filosofo di formazione. Fra una pipata e l’altra, parlando di cose alte e nobili mi disse: se hai una pretesa di conoscenza sul mondo non sperare di soddisfarla con la metafisica. Lui si riferiva alla mistica come piu’ valida alternativa, ma devo dire che anche il Rock’n’Roll ha il suo valore euristico.

Chiudo citando Padre Mario Vit, direttore del Centro Veritas di Trieste. Un sera al centro, finiti gli intensi lavori di discussione attorno a un tema di filosofia della religione, sciogliendo l’assemblea e invitando i presenti ad andare verso il buffet ebbe a dire: “Bene signori, passiamo ora dalla mistica alla mastica.”

lunedì 20 ottobre 2008

Philosophical (English) humor

Visto che l'ultimo post era un po' intenso (forse i fratelli Faleschini la chiamerebbero "un'accelerata teologica") - ma si sa', se si scrive dopo le 11 di sera viene fuori di tutto... stempero un po' i toni con una barzellettina filosofica.

Due filosofi dialogano.

A - Fai una predizione sull'andamento della crisi economica.
B - Non ho idea.
A - Ma questa non e' una predizione!
B - Non avro' idea.

[scambio realmente avvenuto lo scorso weeked a Cumberland Lodge durante un dibattito pubblico]

domenica 19 ottobre 2008

Il divino e' nell'eccezionale

Questo fatto e’ piuttosto personale, ma ve lo voglio raccontare lo stesso, tanto ormai…

Qualche sera fa ero in uno stato pietoso. Tutta la giornata aveva avuto un peso insopportabile. Quello che mi tirava giu’, come spesso accade, era la percezione che le persone con cui ho a che fare siano irraggiungibili per intelligenza, capacita’, esperienza. Mi sento spesso come se mi mancasse qualcosa di essenziale che gli altri hanno. [nota per gli esperti di Enneagramma (ben piu’ di qualcuno fra i lettori… anzi saluto Francesco e Serena, i maestri della disciplina): la tipica invidia del numero 4.] Ero uscito bastonato da un seminario. Quasi tutti gli altri studenti qui sono madrelingua e hanno studiato a Oxford o Cambridge. Non e’ sempre facile tener testa. Non che si debba farlo, ma col mio carattere e’ dura resistere… Insomma mi sentivo giu’ per questi motivi in fin dei conti molto egoistici, come se tutte le grazie che ho ricevuto dalla vita non siano abbastanza…

So’ che se mi sento avvolto dalla depressione, faccio fatica ad alzarmi al mattino e inizio male la giornata. Cosi’, fra le tante cose ben piu’ poderose su cui riflettere durante la preghiera della sera, ho aggiunto una piccola richiesta di essere aiutato ad alzarmi. Poi mi sono addormentato dopo aver letto solo qualche pagina Haruki Murakami.

Al mattino suona la sveglia-cellulare. Premo “Spegni e attiva cellulare” e dopo un po’ arriva un messaggio. Mi scrive una ragazza che ho conosciuto in Uganda, che non sentivo da circa un mese. Ci scriviamo ogni tanto, ma di certo non c’e’ regolarita’ e sicuramente non sapeva niente di come sto’ io a Londra. Il messaggio era una specie di allegra filastrocca che si dice a qualcuno per svegliarsi, con un incoraggiamento a prendere in modo leggero e positivo la giornata.

Illuminato e rasserenato profondamente da questo messaggio, diradata la nebbia dell’insicurezza, la chiamo spiegando la rilevanza del suo messaggio e poi lei mi chiede di spiegarle cosa mi rende insicuro. Lo faccio, andando oltre al problema piuttosto poco importante del sentirsi inferiore agli altri, entrando invece nella dinamica ben piu’ caotica del sentirsi inferiori a se stessi, che e’ spesso una delle forme che prende il `senso di colpa sistematico’. Lei procede con un incredibile, profonda, umanissima spiegazione del perche’ ci si sente cosi’ e del come orientarsi per stare meglio. E di come sia profondamente piu’ cristiano avere uno sguardo piu’ benevolo verso se stessi. Tutto questo alle nove e mezza di mattina. Cose dell’altro mondo?

Riflettendo a posteriori mi sono ricordato di alcune osservazioni dei padri gesuiti agli esercizi e di cose dettesi con Mattia o alla Scuola di Comunita’, cioe’ che il segno del divino e’ l’eccezionalita’. Cioe’ ti accorgi che c’e’ un’eccezionalita’ che ti attrae. Il Signore fa cose nuove, si inventa cose nuove, anzi meglio “fa nuove tutte le cose” (Ap 21,5). Mentre il maligno con le sue tentazioni e’ di una noia mortale, si ripete sempre. Le `tentazioni’ che ci fanno cadere sono sempre le stesse! Ecco un buon trucco per riconoscere chi ci parla: novita’ attraente o ripetizione? E’ chiaro che questo e’ un test che da solo puo’ ingannare, ma assieme ad altri elementi direi che puo’ aiutare a discernere…

(chiedo scusa a chi non e’ a suo agio con questo linguaggio un po’ medioevale: maligno, tentazione… immagino l’incommensurabile distacco di Nicola, ma anche il suo sorriso - sono parole tecniche che vanno bene per esprimersi, ma credo che l’essenza di quanto si dice qui valga anche secolarizzando un po’.)

Poi ripensando a questo fatto del messaggio mi sono ricordato di altre conversazioni avute con Riccardo e di intuizioni da lui ricevute. Lo “spreco” come segno del divino. Una parola forte ma che voglio usare in modo stretto, tecnico. Il Signore sa `sprecare’ nel suo dare. Da’ in abbondanza. Molto di piu’ e molto piu’ in la’. Cioe’ mi ha colpito di essere stato aiutato in questa piccola e misera debolezza: non nel trovare una risposta a una domanda sulla vita, ma nel fare fatica a svegliarsi! Riccardo aveva notato lo “spreco” contemplando la natura (e credo leggendo la Genesi). Si chiedeva, in un estasi per la natura che io nella mia durezza per il mondo vegetale non mai ho avuto: perche’ tutta questa abbondanza, perche’ tanta diversita’ e tanta ricchezza nelle specie di alberi, nei tipi di foglie? Non e’ forse uno spreco questo per noi che siamo abituati a misurare tutto a nostra misura? E passeggiando per Padova mi mostrava foglie dai rami… (forse una delle poche passioni che non condividiamo, assieme forse al “sausage with mushed pees” - l'insaccato nucleare con puree' di piselli servito alla mensa universitaria di Manchester)

Spreco. Nel Cantico dei Cantici (1, 4) il nome dell’Amante/Signore e’ “profumo versato”. Come da un vasetto che si rompe. Sprecato. Che e’ metafora della resurrezione. Che sia la stessa immagine?

sabato 18 ottobre 2008

Cumberland Lodge

Lo scorso weekend il Dipartimento di Filosofia ci ha portato a passare un weekend residenziale in campagna, tutti assieme, studenti, ricercatori e professori. Eravamo a Cumberland Lodge, una vecchia residenza di caccia nel grande parco reale di Windsor, il castello della Regina. Bisogna che proviate a immaginare la quintessenza della English Countryside. Un bosco ampio e remoto, i colori dell’autunno sulle foglie, i prati verdi, la residenza isolata nel bosco, i ritratti della famiglia reale e degli ospiti illustri della Regina, i caminetti ampi nei saloni, libri rilegati all’antica sui muri, l’odore di legno, il rumore leggero dei passi sulla moquette… chi ha letto Sherlock Holmes – Il Mastino dei Baskersville potrebbe avere la giusta immagine in mente.


Il weekend consisteva in lezioni da parte di professori e studenti su temi non classicamente accademici, ma trattati con approccio filosofico. La filosofia delle immagini fotografiche, la poesia come apertura conoscitiva sul mondo, la problematicita’ delle democrazie liberali che operano riduzioni di liberta’ personali o civili per proteggere valori ritenuti fondamentali (e qui ho pensato molto ad Alberto che ci ha fatto scuola per anni sulla difficolta' di un sistema che si deve affermare come assoluto, ma contemporaneamente valorizzare la diversita'). Molto, molto rinfrescante. E dopo ogni intervento un dibattito. Una nota particolare, ma interessate: per norma `etica’ erano gli studenti piu’ giovani ad avere il diritto di parlare per primi affinche’ non vengano soffocati da chi ha piu’ esperienza. Pensate. Un piccolo gesto (come tanti altri che costituiscono questo sistema educativo veramente inclusivo e rispettoso, oltre che di eccellenza) che testimonia l’attenzione per tutti ed evita l’abuso delle gerarchie.

Sabato sera, prima del party, c’e’ stato anche un quiz filosofico al bar, dove studenti e professori giocavano in squadra assieme. Incredibile vedere Papineau, il capo del dipartimento, divertirsi seduto per terra con una birra in mano. Poi chiacchierando con lui ci siamo un po’ addentrati nel problema filosofico che mi interessa, determinismo e liberta’ nel mondo fisico, nell’azione umana, nel rapporto Dio-creature. Con lui sto seguendo un corso sulle cause dell’azione umana. Alla fine mi ha invitato ad un colloquio la prossima settimana – questa volta senza birra e con il mio saggio in mano – per approfondire. Veramente una bella opportunita’.

Uno degli interventi che mi ha stimolato di piu’ e’ stato quello di un dottorando italiano che tentava un esame scientifico delle credenze religiose. Non entro in quei dettagli, ma lo spunto per me e’ stato quello di pensare alla differenza fra i processi di giustificazione di un credo scientifico e di un credo religioso. `Conoscere’, nel senso tecnico ai cui sto venendo qui educato, significa avere una credenza vera ed essere in grado di giustificarla. La giustificazione scientifica passa attraverso la verifica sperimentale, la riproducibilita’, la possibilita’ di descrivere e predirre fenomeni simili con una teoria, eccetera. Nel caso del credo religioso, o credenza religiosa, come avviene la giustificazione?

Mi sono ricordato delle lezioni fondamentali sulla dinamica della fede acquisite alla Scuola di Comunita’ di Comunione e Liberazione al Sincrotrone di Trieste. Nella dinamica della fede si acquisiscono delle verita’ attraverso la testimonianza. Vengo a conoscenza di qualcosa di vero attraverso la testimonianza di un testimone la cui attendibilita’ ho verificato con la ragione e con l’esperienza. Questa e’ una dinamica di conoscenza molto piu’ ampia, assolutamente non limitata all’ambito religioso. In verita’ e’ la modalita’ piu’ comune di conoscenza. Pensa a tutte le cose che puoi dire di `conoscere’. Quante di queste sono state da te verificate scientificamente, comprese totalmente in modo autonomo? Quante invece sono acquisite attraverso la mediazione di qualcuno? Ed e’ un modo di conoscere squisitamente razionale perche’ impiega la ragione nella sua totalità, anche se in modo diverso da come si usa la ragione per effettuare una prova scientifica. Se mia mamma mi dice: non andare a Udine dalla parte di Fagagna perche’ sono appena passata e c’e’ un incidente che blocca la strada. Ho appreso qualcosa di vero per testimonianza. Sarebbe irrazionale se andassi per Fagagna. Perche’ ho motivo di credere attraverso scrutinio razionale e comprova di affettivita’ che il mio testimone non mi trae in inganno.

Vorrei provare a scrivere qualcosa sull’epistemologia della testimonianza, cioe’ riflettere in modo dettagliato su come si acquisisce conoscenza attraverso la testimonianza. Da un lato come dinamica normale di conoscenza, dall’altro come dinamica essenziale della conoscenza per Fede. La Chiesa apostolica funziona cosi’.

Incidentalmente, questo e’ un argomento che va a fianco di altri che Benedetto XVI usa per convincere che la fede non e’ contraria alla ragione. Interpreto io: cio’ che e’ squisitamente razionale nella fede non e’ il contenuto ma il metodo. La fede infatti porta a conoscenza di cose che vanno sicuramente oltre la ragione, anche se non oltre la ragionevolezza. Tuttavia il suo metodo, la dinamica di conoscenza per testimonianza e’ squisitamente razionale. Impegna la ragione a pieno nel valutare la credibilita’ del testimone, perche’ include intelligenza, affettivita’, riflessione sulla convenienza di quello che mi viene proposto in rapporto alle mie attese, valutazione delle mie attese, di quello che voglio dalla vita.

Insomma, non e’ ora di scrivere il saggio adesso, ma mi sembra un bel tema su cui lavorare.

Ultima cosa che volevo dire sotto il capitolo Cumberland Lodge e’ che ho incontrato la Regina d’Inghilterra. Domenica alcuni di noi sono andati a Messa alla Cappella Reale nel parco e c’era la regina! Abbiamo parlato con lei, molto semplicemente, mentre camminava fuori la chiesa. Ma vi raccontero’ di questo aspetto “celebrity” a Natale, davanti a una birra. Dopotutto questo non e’ uno di quei fatti che ci interessano nel senso che intendevamo.

Unam, Sanctam, Catholicam

(et apostolicam ecclesiam). Questa fantastica sequenza di parole ha assunto un significato particolare, preciso, piu’ comprensibile di sempre, due domeniche fa. Ero a Messa alla cattolica Sacred Heart, essenzialmente la mia parrocchia, se prendo seriamente il principio di territorialità. Sacred Heart = Sacro Cuore, un ponte diretto dalla mia vecchia parrocchia a Trieste fino a qui. Stesso nome, tutt’altra cosa, ma stessa Chiesa. Dal mio banco, verso il fondo della chiesa potevo vedere solo persone nere, incluso i sacerdoti. Giuro. Non un bianco (io non posso vedermi – ora che faccio filosofia sono obbligato a fare queste precisazioni… ah ah!).

Fantastico, per la seconda volta (la prima era al ristorante dove ordini pollo e prendi montone) mi e’ sembrato vividamente di essere in Africa. Complici anche i canti con tamburi, chitarra e organo suonati assieme, e uomini e donne bellissimi con i vestiti tradizionali della festa. Mi ha veramente colpito la cattolicita’, l’universalita’ di questa Grande Chiesa che compie lo stesso gesto sia quando sono mani nere che sollevano l’eucarestia accompagnate dall’accento dell’Africa, sia quando sono mani bianche con l’accento friulano.

Grazie

Grazie a tutti per i contributi! Sono belli, stimolanti, imprevedibili. Che continuino pure cosi’, in liberta’. Come ugualmente libero si senta chi preferisce solamente leggere. Ho fatto una gran “butade” (questa volta e’ francese, non friulano…) con la storia dei fatti, e ora non so' se riusciro’ a mantenere la promessa… Diciamo che devo riscalare un po’ la pretesa e accontentarmi di raccontarvi qualche cosa in modo semplice e breve.

giovedì 16 ottobre 2008

Fatti e Misfatti

La vita va avanti qui a Londra, e acquista velocita’. Va piu’ veloce della mia capacita’ di analizzarla e ancor piu’ di scriverla.

La cosa piu’ interessante e importante e’ che la mia vita qui e’ ricca di fatti. Cosa sono i fatti? Nella prospettiva «dell’esperienza» che mi interessa, i fatti sono cose che mi succedono e che riesco a leggere in modo significativo nel contesto del mio cammino, interiore ed esteriore. Non tutto quello che succede e’ fatto. E’ fatto quello che succede e che si riesce a rileggere. L’avvenimento che lascia un segno nella coscienza. Succedono tante cose che soddisfano questa definizione. Sia buone che non buone. Sia piacevoli che dure da digerire. L’importante e’ pero’ che succedano. Come ci hanno insegnato i Padri Gesuiti: tutto serve nella vita spirituale, a patto che si voglia rileggerlo.

Puo’ essere che succedano piu’ fatti a Londra che a San Tomaso o a Trieste? In principio, direi assolutamente no. Altrimenti la vita sarebbe una fregatura. Se la costruzione di senso della nostra esistenza fosse a vantaggio di chi puo’ permettersi di fare una scelta radicale ed elitaria come venire a vivere e studiare a Londra, i conti non tornerebbero. In un certo senso sarebbe stato piu’ eroico “costruire senso” rimanendo in Friuli. Ma sicuramente le circostanze qui mi aiutano ad aprire i pori dell’esperienza e devo cercare di vivere con responsabilita’ il privilegio.

Nei prossimi posts cerchero’ di tratteggiare i contorni di alcuni dei fatti condivisibili degli ultimi dieci giorni.

lunedì 6 ottobre 2008

Sblancjisa’

Forsit l’operasion plui sodisfacent e plui ben riuscide di quant che soi a Loncje a l’e’ staat sblancjisa’ la gnove cjamare li che soi laat a sta’.

No us vevi dit, ma i ai cjataat cjase. Une di chees centenars di migliaia di cjasutes di modons roos a ie’ la me. Vedudes da l’aparecjo a son dutes compagnes, e di dongje… ancje, onestamentri.

Come quasi dutes las cjases condividudes da tante int, soredut di chiste bande da Manie, a e’ un tic fracasade e ancje avonde sporcje. Io i sarai i un pelut pedantic cul tigni’ dut net e ordenaat (cuissa’ di cui co ai cjapaat…?) pero’ insome… mi domandi cemuut che la int a rive ad aceta’ il compromes di vivi in tun cjoot. E an dai viduus di cjoots… (scusait l’argoment ma non si pos simpri fevela’ dome di lezions di filosofie)

Comunque il me cjotut non l’e’ malvagio. Par drecialu un pooc, ma cence esagera’ parce che non si pos migo deta’ lec iessint i ultims entraas, i ai deciduut di sblancjsa’ la me cjamare. I scriif in furlan parce che di quant chi i ai concepiit l’idee, fint durant dute l’esecusion, el cerneli al mi fevelave in furlan. Forse l’ativitaat dal sblancjin a solecite l’aree semantiche da marilenghe.

Insome, le ai petade avonde ben. Ancje cun t’un tocco di artist. I ai un caminet in stiil vittorian in cjamare, cal ven fuur dal muur cul la cape. I ai fat la part ca ven fuur biele rosse. E dut il rest blanc. Simpatic. Cumo’ i ai plui gust a sta dentri.

Il rest da truppe a son: une coppie maridade sui 35 (un irlandees musicist e editor di IT e une californiane ca ciir lavoor); une frute da Republiche Ceche ca lavore in tun ristorant e une Slovacche ca fas la manager di un negosi di vistiis in Oxford Street (dutes doos sui 26-28 ains) e un fenoli dal Galles (in furlal a l’e’ un termin neutro, fattuaal) ca no ai capiit inmo’ ce cal faas.

Come ca si diseve, tu cjatis un poc di dut dauur di ches puartes.

Su richiesta

venerdì 3 ottobre 2008

West Africa (passion for details)

Stasera sono tornato a casa tardi e per diversi motivi troppo complicati da spiegare non potevo entrare in casa. Cosi’, un po’ anche per festeggiare la fine positiva della prima settimana di lezioni ho deciso di andare a cena fuori. Da solo ovviamente. Ottimo.

Cosi’, senza andare troppo lontano, mi colpisce una strada anonima di questi agglomerati urbani fuori dal centro. Un po’ ruvidi, un po’ squallidi, ma anche colorati, etnici, veri. Una di quelle decine di migliaia di strade delle citta’ inglesi dove uno trova quell’improbabile sequenza di fish and chips, lavanderia a gettoni, kebab, take-away chinese, edicola, macelleria halal, negozio aperto 24 ore con alcolici e articoli vari, e ancora kebab.

Nel mio caso, c’era anche un ristorante con specialita’ dell’africa occidentale e gestione ganese. Lo scelgo. Ci sono due tavoli. Presso uno c’e’ una donna ganese di schiena tutta trecce e ormamenti che parla con la proprietaria al banco. Non e’ chiaro se si possa entrare. Sembra una situazione privata. Invece la proprietaria, elegantissima con vestito intero grigio, molto calorosamente mi mette a sedere con grande gentilezza, mi da subito qualcosa da leggere e mi chiede cosa desidero, che e’ un modo molto diverso di dare semplicemente un menu da leggere. Sono subito messo a mio agio da questa gentilezza.

C’e’ un peculiare e misterioso mix di maternita’ e seduzione nell’atteggiamento di molte donne africane, che non ho osservato in altri continenti. Grazia nobile e familiare semplicita’. In tal modo rincuorato e “sedotto”, sono disposto ad accettare qualsiasi suggerimento per la cena. Da bere, birra? Ok, perche’ no, ma facciamo mezza pinta pero’… sai non bevo tanto e sono stanco… Dopo qualche secondo, quando ho appena immerso la testa nel Guardian per leggere dell’ennesima crisi finanziaria, mi arriva una pinta intera, con Elizabeth tutta sorridente.

Da mangiare ti porto ben io qualcosa di buono, dice. Un piatto ganese che faceva mia nonna. Vedrai! Devi solo scegliere se vuoi montone o pollo. Sono ottimi tutti e due. Ho del montone buonissimo. – Ma guarda, prendero’ il pollo, preferisco, dico io. OK.

Come sempre bevo la birra troppo veloce, si sa’, quando si ha sete e si e’ a fine giornata… La mente parte e i ricordi arrivano come portati da un fiume. Ripenso all’Uganda. Ho cercato di ricordare tutte le scene vissute ai ristoranti, tutte le cameriere, gli avventori, i proprietari che ho conosciuto. In particolare mentalmente ricostruisco una scena avvenuta in una piccola citta’ sul confine con il Congo, con Travis (l’ugandese capo dell’ONG) e Micheal (il teologo-psicologo canadese). Travis stava male, si temeva principio di malaria. Io mi stavo ammalando – inevitabile mangiando per giorni quel cibo, e Micheal era molto silenzioso (totalmente contrario alla sua natura) perche’ era preoccupato di non riuscire a tornare indietro in tempo per l’aereo, avevamo infatti quasi distrutto la macchina. Eravamo alla fine del nostro “viaggio di relax” e c’era fra noi un bel po’ di tensione. Stavamo in una locanda con camere. La scena attorno a noi, quasi una fotografia. Tutto quasi fermo. La cameriera me la ricordero’ per sempre. Stava in piedi di fronte a noi in silenzio. Muoveva solo le sopra-ciglia. Incredibile. Il menu consisteva nel cercare di indovinare quello che potevano avere al ristorante e osservare il responso della cameriera. Se alzava le sopra-ciglia avevano quel piatto o ingrediente. Se non muoveva niente, risposta negativa. Una macchina binaria. Eppure anche li’, seppur in extremis, c’era grazia e familiarita’…

Sono interrotto nei miei pensieri dall’arrivo del mio piatto, con Elisabeth trionfante: montone! Perfetto, penso, sono dentro una barzelletta!

Seguo la proprietaria verso la cucina, ma per chiedere dov’e’ il bagno. Lei con la stessa grazia e gentilezza di sempre mi dice: ma certo, eccolo qua proprio dietro di noi! E apre per me una porta che da’ su un locale di un metro per un metro: una doccia. Surrealismo totale. Non so cosa fare, vorrei lavarmi le mani, ma la cornetta e’ tutta attorcigliata sul supporto… c’e’ una varieta’ di liquidi per pavimenti sul piatto doccia. Sono esitante. Arriva Elisabeth che semplicemente apre il rubinetto in piena. Mi aspettavo un disastro di schizzi, invece quella posizione apparentemente caotica della cornetta e’ ottimale e lascia cadere un flusso perfetto per lavarsi. Molto meglio di tanti lavandini ai ristoranti. Genialita’ africane. Ordine dal disordine. Soluzioni semplici coi mezzi a disposizione.

Torno al tavolo tutto contento. Che montone ragazzi!

Ipotesi, premesse, tesi


Sono entrato nell’universo meraviglioso delle lezioni di filosofia. Finalmente. Dopo 12 anni di attesa. Meritata attesa. Ricca attesa. Finalmente l’incontro accademico con la grande madre del pensiero. Metafisica, epistemologia, etica… il cielo stellato e la legge morale di Kant, i personaggi dei dialoghi di Platone, le sedie particolari e la sedia universale, l’analisi logica delle proposizioni, il ragionar per sillogismi, le prove classiche dell’esistenza di Dio, San Tommaso…

Tutto sta tornando, sta riaffiorando dagli ancora vividissimi ricordi del liceo, dagli innumerevoli incontri, lezioni e discussioni di tutti questi anni passati a cercare altrove quello che non si trovava con gli arnesi del laboratorio. Ma tutto sta tornando anche attraverso quello che di profondo si e’ potuto capire sulla realta’ del mondo e la possibilita’ della sua conoscenza, acquisito attraverso lo studio della fisica che ha cosi’ tante domande in comune con la filosofia, o almeno le suscita.

Una settimana di profondo godimento, mettendo la punta dei piedi dentro l’acqua dei primi corsi. La prima lezione in assoluto e’ stata quella di David Papineau – un reputato filosofo della scienza - sulla filosofia della mente. Il problema era quello del rapporto corpo-mente. La domanda, questa: gli stati mentali hanno un’origine puramente fisica, oppure c’e’ altro di non fisico che li caratterizza? Una domanda classica, ma con risposte sempre in evoluzione dato l’aumentare della conoscenza nel campo neurologico-cognitivo. Ci sono due posizioni classiche. Il materialismo (gli stati mentali sono solo fisici) e il dualismo (la mente e' qualcosa di altro rispetto all’attivita’ cerebrale). Papineau scrive alla lavagna tre premesse dalle quali consegue la tesi del materialismo. Noi, dai banchi, dobbiamo rifiutare la tesi attaccando almeno una delle premesse. Fantastico. Un gioco intellettuale esilarante, e condotto con maestria e onesta’ tutta inglese. E cosi’ via per tutte le altre lezioni.

La qualita’ dell’insegnamento e’ ottima. Le lezioni sono molto interattive e basate sulla risoluzione di problemi interessanti. E come se non bastasse ci sono i seminari di ricerca, i gruppi di lettura (si leggono i testi fondamentali assieme a professori, ricercatori e studenti, attorno a un tavolo di una vecchia biblioteca nello scantinato impolverato del vecchio dipartimento), le lezioni speciali del Royal Institute of Philosophy (che quest’anno sono centrate sulla religione – domani si parlera’ del rapporto fra religione e societa’ civile, che, qui come in Italia, e’ un tema attualissimo)… La quantita’ di opportunita e’ inebriante.

Ho conosciuto qualche compagno di corso con cui continuare a parlare dopo lezione durante quei pochi passi assieme che portano me alla bicicletta e gli altri chissa’ dove. Chissa’ che fra un po’ non si continui con qualche passo in piu’, fino a un cafe’ o un pub e non ci si conosca meglio.

Per ora sono contento cosi’.

Silence - Cisza

Scusate il lungo silenzio, ma ci sono passaggi che il blog non puo’ raccontare e che vanno lasciati in custodia del silenzio. Ora mi sento di poter continuare a raccontare qualcosa.